Pagina:La Natura.djvu/291

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libro quinto 291

In qualche parte del suo filo estremo,
780Secondo che da noi sia più lontana,
Inferir ne possiam, che ogni celeste
Foco, che di qua giù splender si vede,
783È un po’, un tantin, solo un’esigua parte
O minore o maggior di quel che sembra.
     Nè da stupir, come un sì picciol sole
786Mandar possa da sè lume cotanto,
Che l’oceano, le terre, il cielo irrighi,
E gli empia tutti e di vapor gl’inondi:
789Poi ch’esser può, che s’apra in esso un largo
Fonte, da cui per tutto il mondo erompa
E un’immensa si sparga onda di luce,
792Perchè da tutte bande e d’ognintorno
I semi del calor così convengono,
S’aggruppano così, vibrando scorrono,
795Che questo ardor da un fonte sol derivi.
Non vedi che talora un picciol fonte
Gran prati irriga, e vasti campi inonda?
798È possibile ancor, che il poco ardore,
Che manda la solar picciola face,
Di bollente fervor l’aria comprenda,
801Se questa è suscettibile e disposta
Così, che possa al menomo contatto
D’un picciolo calor tosto infiammarsi;
804Come talor vediam da una scintilla
Tra biade e secce divampar gran fiamma.