Pagina:La Natura.djvu/323

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libro quinto 323

1641Possan, per infiniti anni volgendo,
L’alte forze spregiar del tempo immenso.
E a chi ’l terror de’ Numi il cor non serra,
1644A chi non si raggricciano le membra
Per la paura, allor che de l’orrendo
Fulmine a lo scoppiare arsa traballa
1647La terra, e l’ampio ciel corrono i tuoni?
Non treman forse allor popoli e genti,
Non rattraggono allor le abbrividite
1650Membra percossi dal terror de’ Numi
Anche i superbi re, come se il grave
Tempo sia giunto di pagar la pena
1653De l’opre sozze e de’ feroci imperi?
E allor che la suprema ira de’ venti
Corre su’ flutti e via pe ’l mar trascina
1656L’imperatore del navilio e seco
Le gagliarde legioni e gli elefanti,
Con le preci e co’ voti ei non implora
1659Pace agli Dei, non chiede a’ venti irati
Trepidante nel core aure seconde?
Ma invan, chè spesso, de le preci ad onta,
1662Dal furioso turbine rapito
Ne le sirti funeste egli è sospinto.
Un ascoso poter così calpesta
1665Tutte umane grandezze, e i vagheggiati
Fasci orgogliosi e le tremende scuri
Co ’l piè conculca e par che gli abbia a vile.