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398 la natura

Alcuni ancor da tale oblio fûr presi
Di tutte cose, che nemmen sè stessi
1626Riconoscer poteano. E, mentre a monti
Su la terra giacean corpi insepolti,
Pur le fiere e gli augelli, o a salti e voli,
1629Il lezzo acre a schivar, fuggían lontano,
O, gustatili a pena, indi a non guari
Ne la morte languían. Nè mai per caso
1632Appariva a’ quei giorni augel di sorta,
Nè da le selve uscían le bieche razze
De le fiere: languían dal morbo infetti
1635E in gran parte morían: principalmente
I fidi cani per le vie distesi
L’alma a stento rendean, poi che la foga
1638Velenosa del mal fuor da le membra
La lor vita estorcea. Nè alcun si dava
Rimedio certo e general, ma quello
1641Che avea concesso ad un l’aure vitali
Bevere e i templi vagheggiar del cielo.
Quel procacciava ad altri esizio e morte.
     1644E questo in tanti mali era d’assai
Più miserando e lagrimevol caso,
Che quando un si vedea nel male involto,
1647Come se a morte condannato fosse,
Mesto nel cor giacea, d’animo privo,
E co ’l pensiere al funeral rivolto
1650Nel loco stesso l’anima rendea.