Pagina:La Natura.djvu/89

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libro secondo 89

E schizzando s’inalza e sparge il suolo
255Di rosse stille. Forse ancor non vedi
Con che forza la molle acqua ricacci
Ed i tronchi e le travi? e quanto meglio
258L’immergemmo da l’alto e più di punta
E con più forze unite e più fatica
Li spingemmo a l’in giù, tanto più in alto
[M.]261Cupidamente li rivome e caccia,
Sì ch’emergan gran parte e saltin fuori.
Nè però dubitiam, penso, che tutte
264Queste cose per sè vadano in giù
Pe ’l vuoto spazio; ora in tal guisa adunque
Devon pure le fiamme aver potere
267D’andar compresse in su per l’aere inqueto,
Ben che la gravità, per quanto è in loro,
Sempre si sforzi di tirarle a basso.
270Le notturne del ciel faci non vedi
Volar sublimi e lunghissime strisce
Segnar di fiamme in qual si voglia parte,
273Ove Natura a lor concesse un varco?
Stelle ed astri qua giù cader non miri?
Anche dal sommo suo vertice il Sole
276Sparge ovunque l’ardor, semina i campi
Di luce, e però in terra anche si volge
Il calore del Sol. Tra fitte piogge
279Volar tu vedi i folgori a traverso;
Rompon qua e là fuor da le nubi i lampi,