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la capanna dello zio tom


         «Quando era con lui, insistei più volte perchè facesse compartir loro una qualche istruzione; ed egli, per compiacermi, procacciò loro un cappellano, che ogni domenica solea ammaestrarli sul catechismo; ma forse internamente opinava sarebbe stato lo stesso far predicare a’ suoi cani, o a’ snoi cavalli. Difatti, un uomo istupidito, imbestialito fin dalla nascita, condannato per un’intera settimana ad un lavoro materiale, non può trarre gran profitto da poche ore di istruzione nella domenica. I direttori delle scuole domenicali nella popolazione manifatturiera dell’Inghilterra, e tra li schiavi nelle nostre piantagioni, potrebbero attestare che raccolgono li stessi frutti qua e . Tuttavia si osservano tra noi delle eccezioni maravigliose, perchè il negro è, più del bianco, accessibile ai sentimenti religiosi.«

— «Ebbene — disse miss Ofelia — come vi siete ritirato dalla vita di piantatore?»

— «A poco andare, Alfredo ben si avvide che io non era acconcio a tali operazioni. Dopo che avea introdotto, per compiacermi, molte riforme e miglioramenti, gli seppe male che io non fossi ancora contento. Ma io, in sostanza, detestava la schiavitù, quel traffico di donne e di uomini, quel sistema d’ignoranza perpetua, di brutalità, di vizio — coll’unico scopo di far danaro! D’altronde, essendo io pure uno de’ mortali più infingardi, era molto indulgente verso l’infingardaggine altrui. Quando i poveri negri celavano pietre in fondo ai loro canestri di cotone per renderli più pesanti, o riempian di polvere i lor sacchi, con un po’ di cotone alla superficie, sentiva che, al loro posto, avrei fatto altrettanto; quindi non avea cuore di farli battere. Insomma, non vi era più disciplina nella piantagione; contrastava continuamente con Alfredo, come, alcuni anni prima, avea contrastato con mio padre. Mi disse, che io aveva un sentimentalismo da donna, che non sapeva maneggiar li affari; mi consigliò di togliermi, per mia parte, la casa e li stabili che possedevamo a Nuova-Orleans, scriver poesie, e cedere a lui il governo della fattoria. Così ci dividemmo, ed io venni a stabilirmi qui.»

— «Ma perchè non avete emancipati i vostri schiavi?»

— «Non ne ebbi il coraggio; mi ripugnava servirmi di essi, quasi strumento, a far denari, e credei meglio consumar fra loro il mio patrimonio. D’altronde, alcuni di questi negri erano antichi famigliari di nostra casa, ed io li amava; li altri erano troppo giovani per esser venduti; tutti furono contenti del proprio stato.»

Qui fece pausa, e cominciò a passeggiare, pensieroso, su e giù nella camera.

— «Vi fu un’epoca della mia vita — riprese Saint-Clare, — in cui sperava far qualche cosa di meglio che lasciarmi dominare dall’ozio. Ebbi