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la capanna dello zio tom


         — «Eva, dove hai ritrovata questa collana?» chiese miss Ofelia.

— «L’ho portata tutto il giorno» rispose Eva.

— «E anche ieri?»

— «Sì, e ciò che v’ha di singolare si è che l’ho portata tutta notte, perchè, nell’andare a letto, mi dimenticai di slacciarmela.»

Miss Ofelia rimase attonita, e più ancora quando vide entrare Rosa, con un involto di biancheria, soppressata di fresco, e co’ suoi orecchini di corallo.

— «È impossibile far qualche cosa di questa ragazza — disse miss Ofelia; — perchè mi hai detto, Topsy, che avevi rubato questi oggetti?»

— «Volevate che confessassi, e dissi tutto quello che mi venne in capo.»

— «Ma non devi confessare ciò che non hai fatto: anche questo è un modo di mentire egualmente.»

— «Davvero?» disse Topsy con aria di innocente meraviglia.

— «Si può aspettare una parola di vero dalla sua bocca? — gridò Rosa. — Se io fossi Saint-Clare vorrei batterla a sangue.»

— «No, no, Rosa — disse Eva, con un’aria di comando che all’uopo sapea assumere; — nol soffrirei.»

— «Siete così buona, miss Eva, che non sapete come si debbono trattare i negri. Non vi è altro modo che batterli, ve lo dico io.»

— «Rosa — disse Eva — silenzio; non dovete parlar così.» Gli occhi della fanciulla scintillarono, e le sue guancie si accesero.

Rosa non aprì bocca, ma nell’uscio della camera, disse fra se stessa: «ha il sangue di Saint-Clare nelle vene, parla perfettamente come papà.»

Eva, ritta in piedi in faccia a Topsy, la stava esaminando. Le due fanciulle che si trovavano per la prima volta l’una al cospetto dell’altra personificavano in se stesse i due punti estremi della società: da una parte era la figlia bionda e gentile, dagli occhi intelligenti, dal fronte nobile, dal passo signorile: dall’altra, la piccola negra, timida, ignorante, ma furba e maliziosa; la prima rendeva immagine della razza sassone, sviluppata da parecchi secoli di civiltà, di dominazione, di superiorità fisica e morale; la seconda rappresentava l’Africa degradata da parecchi secoli di servaggio, di miserie e d'importabili fatiche. Questo contrasto commoveva l’immaginazione giovanile della figlia di Saint-Clare, ma i suoi pensieri erano però sì vaghi e indeterminati, ch’ella non poteva ancora per modo alcuno rendersene ragione; udendo la cugina sermonare Topsy, essa ne fu attristata, e con voce carezzevole diceva a quest’ultima: — «Mia povera Topsy, e perchè vuoi rubare? di presente tu non mancherai più di nulla, e in ogni caso, io ti regalerò sempre qualche mio vezzo innanzi che te l’abbi a pigliar di straforo.»