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la capanna dello zio tom


tare — disse Cassy, ed i suoi grandi occhi neri si fissarono a terra con espressione di doloroso raccoglimento — Ma egli non è più! qui non vi è che colpa, e lunga, lunga, lunga disperazione. Oh!» Si strinse le mani al petto, e trasse un gran sospiro, quasi per sollevarsi da un peso orrendo.

Tom si preparava a parlar nuovamente, ma ella, risoluta, gli accennò di tacere.

— «Non vi affaticate, mio povero amico. Procurate addormentarvi, se potete.»

E accostatagli dell’acqua, che egli, all’occorenza, potesse prendere, e dato sesto ad alcune cose, come meglio le circostanze comportavano, Cassy uscì dalla camera.


CAPO XXXV.


I pegni d’amore.


La gran sala dell’appartamento di Legrée era un camerone amplissimo, munito di un camino anch’esso vastissimo. Anticamente le pareti erano state rivestite di una carta risplendente, che ora, sbiadita e logora, pendea a brani tutt’all’intorno. Vi si respirava quell’atmosfera malsana, impregnata di umidità e di miasmi maligni che suole condensarsi ne’ luoghi chiusi. Oltracciò la tappezzeria era stata qua e là macchiata da spruzzi di vino e di birra, e tempestata di note, di cifre colla somma in calce, come se taluno si fosse preso lo spasso d’imparare l’aritmetica su que’ muri. Nel camino ardeva un mucchio di carbone, perchè, sebbene non facesse più freddo, le serate eran sempre umide e rigide in quella gran sala; e d’altronde Legrée avea bisogno di fuoco per accendere i sigari e fare riscaldar l’acqua per il punch. Il chiarore tremolante del carbone tingea in rosso gli utensili qua e là ammonticchiati nella camera — selle, briglie, arnesi di ogni sorta, fruste, coperte e diversi generi di vestimenta, gettate anch’esse a fascio. I mastini, di cui abbiamo parlato, si erano accovacciati tra questo miscuglio di oggetti, come tornava loro di maggior comodo.

Legrée stava appunto allora preparando il suo punch, e versava acqua bollente da una cocoma fessa e mozza del becco.

— «Maledetto Sambo! — mormorava tra i denti; — viene a seminar la zizzania tra me e i miei nuovi schiavi. Quell’uomo non potrà più lavorare per una settimana, e siamo nel forte del ricolto.»

— «E ben vi sta» disse una voce dietro la sedia di lui. Era Cassy che avea rotto per tal modo il soliloquio.