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la capanna dello zio tom


in udire una parola, una preghiera, un inno, turbamento che degenerava in superstiziosa paura.

L’influenza di Cassy sopra di lui era d’un genere strano, singolare. Legrée era il padrone, il tiranno, il carnefice di questa donna; sapea bene che ella era affatto alla sua discrezione; eppure nessuno uomo, per brutale che sia, può vivere a lungo in intima relazione con una donna d’indole risoluta, senza subirne un’influenza notevole. Quando egli ne fece acquisto, Cassy era una donna, come disse ella stessa, educata delicatamente; e quindi, senza scrupolo, potè conculcarla sotto i piedi della sua brutalità. Ma quando il tempo, influenze degradanti, e la disperazione ebbero indurato il suo cuore di donna, acceso in essa l’incendio delle più fiere passioni, era riuscita in qualche modo a signoreggiarlo; sicchè egli ora la tiranneggiava, ed ora la temeva.

Questa influenza si era fatta più decisa, più soverchiante, dacchè una follìa parziale avea dato alle parole, agli atti di lei un significato strano, misterioso, disordinato.

Di lì ad una o due notti, Legrée sedeva nel suo antico camerone, presso la fiamma di legna che gettava un’incerta luce tutt’intorno. Era una notte ventosa, tempestosa, una di quelle notti che sogliono destare i rumori più strani, indescrivibili, nelle antiche, cadenti abitazioni. Le finestre tremavano, le imposte battean contro il muro, il vento, ingolfandosi nei camini, zufolava, gemeva, cacciava il fumo, la cenere, quasi avvolgesse in turbine una legione di spiriti. Legrée avea passato alcune ore ad assestare i suoi conti, a leggere i giornali, mentre Cassy, seduta in un angolo, fissava melanconicamente il fuoco. Legrée depose il giornale, e vedendo sul tavolo un vecchio libro che Cassy avea letto sul principiar della sera, lo prese e cominciò a volgerne le pagine. Contenea una serie di racconti di atroci misfatti, di leggende infernali, di apparizioni fantastiche, che commentati ed illustrati con apposite incisioni esercitano un fascino singolare su quegli che comincia a leggere.

Legrée sorridea con disprezzo nel leggere, ma pur leggeva; finchè, indispettito, gettò, bestemmiando, il libro per terra.

— «Tu non credi all’esistenza degli spiriti, non è vero, Cassy? — diss’egli, prendendo le molle per acconciare il fuoco. — Credo che avrai abbastanza di buon senso per non credere a certi rumori.»

— «E che vi importa che io creda o non creda?» disse rudemente Cassy.

— «I miei compagni di bordo talvolta facean prova di spaventarmi — riprese Legrée. — Ma io non sono uomo da atterrire sì facilmente, t’assicuro io.»

Cassy, seduta in un angolo oscuro della camera, tenea gli occhi fissi