Pagina:La desinenza in A.djvu/203

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duto sugli ori, all’infranto Murano, al lacerato Arras, colta da meraviglia, tacitamente adorava. Senonchè, tratto tratto, nel bujo della libidine di Elda s’intrometteva qualche lampo di amore. Erano, questi, ripiani dov’ella riagglomerava le forze a salire. ¡Guài allora a colui sul quale il suo occhio avesse imperioso insistito, mentre il pallore di lei facèvasi cadavèrico e la espressione più ancor sinistra del sòlito! Per quell'infelice non era più scampo. Elda non conosceva barriere. Pur si trattasse di scompigliare la pace di cento famiglie, di rovinarle, annientarle, ella correva a colui, lo circondava e avvolgèa ne’ lussureggianti suoi fianchi, nelle sue spire da serpentessa, nell’assorbente suo àlito, finché, abbacinato, ubbriaco, il coniglio precipitàvale in bocca. E fra le sue molte passioni, citano quella per una celebrità della gola, per un Gennaro Stornelli detto «il divino usignolo,» la cui voluttuosissima voce invadeva le ànime e al quale Elda avèa, dal proprio palchetto, gettato entusiasta le rose e i giojelli del capo, i braccialetti, il ventaglio, il borsello, e dietro le quinte, sè stessa. Per sua sventura, Gennaro le resisteva. ¡Aquavite sul fuoco!¡ carne salata alla sete!... Elda non gli diede più tregua; lo inseguì supplicante con la spada sguainata, perseguitollo della incessàbile smania fin nelle Amériche, si cangiò da duchessa in corista, riuscì a scritturarsi con lui, a cantare con lui, a farsi, abbracciandolo scandalosamente in pieno teatro,