Pagina:La desinenza in A.djvu/205

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vuto le loro pupille di vetro. E, di lì una settimana, una notte, appariva un’ampia berlina a quattro neri cavalli coi postiglioni abbrunati, donde scèndea Sua Eccellenza di Stabia insieme a una bara e a un certo uomo grigio pien di mistero, cui il signor farmacista si ricordava di avere altrevolte fornita la stoppa da imbalsamare il mastino del feld-maresciallo Radetsky.

D’allora a noi, cinque anni. E tutti e cinque, a di 10 di ottobre, anniversario del lutto, la duchessa di Stabia ricompariva alla Rocca, a cavallo, al galoppo, spaventando dimezzo la strada ànitre e bimbi — tra i riverenti cappelli e gli occhi sbircianti paurosi l’annuvolato suo volto — seguita a non breve distanza da un sempre nuovo staffiere, ma sempre (osservavano le forosette) bene condizionato.

Quella notte, i finestroni ogivali della torre maestra s’illuminavano.

E la mattina seguente, Elda sedeva a far colazione faccia faccia collo staffiere, che il giorno prima l’avèa servita rispettosamente a pranzo. La duchessa parèa già consolata. Brillàvale fornicazione lo sguardo, e sghignazzando della capreggiante sua voce, versava con mano incitatrice da bere al commensale di lei. Ma il commensale tremava nel porsi alle labbra il bicchiere. Due lividi segni di accusa gli sottolineavano gli occhi