Pagina:La difesa della razza, n.1, Tumminelli, Roma 1938.djvu/42

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I SETTE

Vi sono spiriti ritardatari che provano oggi grande difficoltà a comprendere perchè il Regime stia mettendo all’ordine del giorno il vasto problema dell’affermazione e difesa della razza, coi suoi inevitabili riflessi antiebraici. Osservano, costoro, che ciò significa tirarsi addosso l’ostilità dichiarata degli Ebrei, i quali «sono terribilmente forti in tutto il mondo, e non perdonano».

Questi critici non si rendono conto che tra Fascismo e razzismo giudaico la guerra è già in atto, e che questa è condotta da parte degli Ebrei con un accanimento cui nulla ormai può essere aggiunto da campagne di stampa o da provvedimenti governativi.

Il Fascismo infatti è gravato, agli occhi dei Savi di Sion, di ben sette peccati capitali.

Il primo peccato è quello originale, della vittoria riportata nell’immediato dopo-guerra sul marxismo nostrano, attraverso l’esaltazione della fierezza guerriera e l’appello allo spirito eroico dei migliori Italiani. Nel programma del Partito fu inciso lapidariamente il concetto della Nazione come valore etico assoluto, di fronte al quale individui e classi non hanno diritti da rivendicare ma solo doveri da compiere. Ciò segnava già un abisso incolmabile fra noi e la mentalità ebraica, almeno sul piano teorico. Infatti il popolo ebreo, nella sua brama di dominio universale — alimentata dalla credenza di esser designato da Dio a guidare il resto dell’Umanità — considera necessariamente come suoi naturali alleati i movimenti politici capaci di offuscare nei popoli il senso della Nazione, disintegrando la società in una meccanica aggregazione di «liberi» individui (liberalismo), oppure di aizzare le masse contro lo Stato facendo leva sui loro istinti deteriori, sì da annientare fisicamente le aristocrazie morali ed intellettuali delle nazioni (bolscevismo).’ Ambedue le strade menano al trionfo degli Ebrei: com’è sperimentalmente dimostrato dall’immenso accrescimento di potenza ed influenza, che gli Ebrei realizzarono nell’ultimo secolo, sotto l’egida delle istituzioni ed idee liberali; e da quanto è avvenuto nella Russia bolscevica, óve gli Ebrei hanno quasi «in toto» rimpiazzato le vecchie classi dirigenti. Ora il Fascismo si opponeva — come già notato — alla concezione liberale-atomistica della società, nonchè al mito brutale della lotta di classe; e.ripristinava i valori di ordine e gerarchia, risvegliando nel popolo italiano il senso delle sue grandi tradizioni.

Gli ebrei, ben inteso, erano ben lungi, allora, dal rendersi conto dell’importanza storica del fenomeno fascista: dal misurare la sua profondità e prevedere i suoi sviluppi. Del resto, non mancarono di combatterlo energicamente, non soltanto dall’esterno, ma anche nell’interno, con tentativi di falsarne e corromperne la natura. In complesso, la partecipazione attiva degli Ebrei al movimento fascista, fino alla Marcia su Roma, fu più che modesta, quantunque la loro costante tattica, di essere ovunque presenti, per tenere in mano tutte le carte del gioco politico, non si sia smentita neanche in questo caso.

Non appena giunto al potere, il Fascismo si macchiò di una seconda, gravissima colpa: lo scioglimento della Massoneria.

Le reazioni furono fierissime, specie da parte della grande stampa estera d’informazione, controllata dagli Ebrei. Il Fascismo divenne bersaglio a continue, malevoli fantasie e deformazioni di fatti, a grottesche esagerazioni di ogni incidente od inconveniente, anche minimo, affiorante nel corso della sua attività ricostruttiva.

Nella sua offensiva antimassonica il Fascismo procedette con notevole moderazione e longanimità. Sciolse le logge, ma lasciò generalmente indisturbati i massoni nei posti che occupavano, accogliendo benevolmente le loro dichiarazioni di abiura. E finse d’ignorare che dietro la Massoneria si nascondesse l’Ebreo. Pressato da urgenti e difficili problemi finanziari ed amministrativi, ereditati dal precedente Regime, il Fascismo non volle prematuramente prender di petto l’Internazionale ebraica. Bisognava lasciare a questa ultima l’illusione che esistessero ancora ampie possibilità di compromesso e di intesa col Fascismo, e magari anche di collaborazione, in determinati settori. Malgrado ciò, non vi sarebbe affatto da stupirsi se un giorno fossero rintracciate e pubblicate le prove della scaturigine ebraicomassonica di certi infami attentati alla vita del Duce, che funestarono gli anni dal 1924 al 1926.

La terza colpa del Fascismo sta nella costruzione progressiva e sistematica — a partire dal 3 gennaio 1925 — di un sistema politico strettamente autoritario, svincolato dal gioco dei ludi cartacei elettorali, e dalle insidie di una «libertà di stampa» che tante pericolose possibilità di pressione ed influenza politica offre a privati interessi irresponsabili, più o meno plutocratici. Era questo un nuovo colpo inferto alla potenza di Giuda. La crisi economica mondiale offri poi l’occasione di estendere anche al terreno economico il principio autoritario, dando inizio all’attuazione di un ordine nuovo, che

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