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L'assenza di agricoltura


L’esame anche superficiale della distribuzione degli ebrei sulla terra ci rileva due fatti strettamente connessi l'uno all'altro, ma che ora preferisco presentare ben distinti.

1) Non si può mai parlare di aree di addensamento degli ebrei in senso assoluto ma sempre soltanto in senso relativo, in quanto anche nei punti del globo dove gli ebrei sono in maggiore quantità, pur restringendo l'esame a aree di minima entità geografica, il loro numero non costituisce mai la intera popolazione del luogo considerato, ma si presenta invece sempre soltanto come una percentuale.

Traducendo il fatto nell’espressione pratica del suo significato vediamo: a) che gli ebrei non adempiono a tutte le funzioni che la vita sociale esige ma soltanto ad alcune di esse, sempre le medesime; b) che qualche volta, in circostanze speciali, l'oggetto della loro attività si allarga, in un modo fittizio, apparente, perchè quasi sempre queste nuove espressioni di vita rientrano in quanto ai fini nelle attribuzioni specifiche degli ebrei; c) che il nucleo ebraico non svolge mai alcune caratteristiche e fondamentali attività, essenziali alla vita tanto dell'individuo quanto dell'umanità consociata, come l'attività agricola.

2) La distribuzione degli ebrei sulla terra è la «impressione», l'effetto del loro speciale principio migrativo. Dall'esame cioè di come gli ebrei sono attualmente distribuiti sulla terra si può rilevare la caratteristica fondamentale del loro movimento.

Non possiamo senza dubbio confrontare con esattezza i movimenti ebraici recenti con quelli antichi, fra la mitologia e la storia, dei quali conosciamo in parte il risultato e neppure lo svolgimento.

Ma riferendoci soltanto alla storia degli ultimi venti secoli possiamo rilevare alcune caratteristiche di movimento che si possono riassumere nella semplice espressione «per infiltrazione, non per massa».

E' ovvio quanto so ne può facilmente dedurre: a) l'assenza di eserciti, cioè di uno spirito militarista; e poi sopratutto b) l'assenza dell'agricoltura.

Abbiamo seguito la strada inversa? Perchè a tutta prima può sembrare chiaro che siano questi due punti la ragione del modo di svolgersi del fenomeno migrativo ebraico.

O non è invece l'un fatto in funzione dell'altro? La caratteristica del movimento, motivo della struttura sociale ebraica? Si tratta cioè di movimenti che esigono l'assenza di eserciti, di fermate che esigono la mancanza di agricoltura?

Si può ben essere propensi per una tesi piuttosto che per l'altra, ma non ci si può basare che su fattori relativi e non assoluti; così come relativa e non assoluta è la distinzione che si può fare fra l'una e l'altra tesi.

Le stesse caratteristiche fisiche degli ebrei, si è detto da alcuni, ci spiegherebbero la loro millenaria inattività militarista, ma non ci dicono quale sia il fattore primo.

Sempre, in casi analoghi, ci si trova di fronte ad atteggiamenti che ci sembrano troppo recisi; la controversia si trasforma così spesso in un dualismo di scuole.

Si può prospettare l'ipotesi che popolazioni allo stato nomade come quella ebraica, non abbiano trovato l’ambiente adatto e sicuro ove poter svolgere una agricoltura vera e propria, ove fissarsi, e perciò appunto siano state costrette a continuare nelle loro peregrinazioni.

Ma perchè ciò? Forse semplicemente perchè questo gruppo etnico si è venuto a trovare in ritardo rispetto agli altri gruppi al momento dell'insediamento e gli son quindi venute a mancare le possibilità già sfrattate da altri?

Soltanto una ragione storica quindi avrebbe deciso della sorte di un gruppo?

Si osservi ad ogni modo, come anche in questo caso, lungi dal porre la questione su una via di risoluzione, si presuppone una causa conduttrice superiore.

Che le caratteristiche esplicazioni di una vita millenaria abbiano influito sulla natura e sulle attitudini del popolo ebraico è indubitato. Si possono accettare i postulati della scuola naturalistica, ma sarebbe assurdo considerarli sufficienti: una ragione, un fattore che ancora ci sfugge ha guidato senza dubbio questo gruppo in modo tanto diverso da quello degli altri, o ne ha determinato il diverso sviluppo migrativo.

Fra tanta diversità di opinioni e di teorie è notevole il fatto di poter concentrare a questo punto tutta la nostra attenzione su un elemento etnologico, che è fra tanti assolutamente il più importante, unico fattore forse fra tutte le svariate considerazioni possibili che accomuni i nuclei ebraici più distanti e più differenti fra loro: l'assenza di una agricoltura vera e propria.

Penso infatti, sia l'assenza di militarismo e sopratutto di spirito agricolo — e i due elementi non sono antitetici e neppure completamente distinti l'uno dall'altro come a tutta prima potrebbe sembrare — a costituire il fattore coercitivo determinante del sistema migrativo e dell'attuale struttura degli ebrei.

Vi è chi, cercando di porre in relazione l'indice cefalico con la tendenza dei popoli al lavoro della terra, otterrebbe che a popoli a tendenza di vita migrativa corrisponderebbe un brachimorfismo, mentre dolicomorfi sarebbero i popoli a vita sedentaria e a più spiccata tendenza per l’agricoltura.

Se il fatto che tra gli ebrei si possono trovare insieme con estrema facilità forme brachicefale e forme dolicocefale non è sufficiente per distruggere tale ipotesi, si potrebbe ricordare gli Tzigani, unico altro nucleo privo di una vita agricola che esista in Eurgga, che pure presentano nella loro maggioranza assoluta elementi di dodicomorfismo.

Enunciato e obiezioni


I. — Secondo una concezione teologica, ogni civiltà come ogni razza come ogni popolo, sembra aver ricevuto dal Destino una particolare missione nella storia dell'umanità, una parte appropriata alle sue attitudini e alle sue forze.

Al popolo ebraico non è certo data una missione di popolo «sociale», nel senso specifico della parola, di popolo costruttore e coadiutore, di popolo agricolo!

E' ben noto infatti lo spirito intimamente disgregatore che emana dall'azione lenta ma continua - e tenace che l'elemento ebraico svolge nel mondo di ogni concezione scientifica o sociale; è nota la sfida che nel campo di ogni scienza le più grandi menti ebraiche hanno gettato alle dottrine astratte e scientifiche che sorreggevano da secoli la nostra civiltà, sempre nello sforzo più elevato e sapiente di scalzare concezioni filosofiche, morali,

economiche, politiche.

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