Pagina:La favorita del Mahdi.djvu/226

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Abù-el-Nèmr accostò le mani alla bocca e mandò un lungo fischio. Quasi subito si udì un calpestìo precipitato e un cavallo comparve movendo sollecitamente verso il padrone.

Era questo un superbo corsiero, Abù-Ròf puro sangue, piuttosto piccolo, dalla fronte larga e un po’ schiacciata, l’occhio vivo e intelligente, le nari molto aperte, orecchie piccole, corte, sottili, le ossa zigomatiche molto sporgenti, muso elegante, gambe secche e vigorose, petto sviluppatissimo e ventre assai ristretto che annunciava quella grande sobrietà che è propria degli animali dei deserti sudanesi.

Omar e Fathma sollevarono con molte precauzioni il ferito che non lagnavasi malgrado soffrisse atroci dolori e lo misero in sella. L’almea vi salì dietro sostenendolo fra le vigorose braccia e il negro prese l’animale per le briglie.

— Avanti, disse Fathma.

Essi si misero in viaggio percorrendo un largo sentiero che un tempo doveva essere stato una via per le carovane. Il ferito si lasciò sfuggire suo malgrado un gemito soffocato.

— Soffri molto? gli chiese l’almea.

— Un po’ lo confesso, rispose titubando lo scièk. Il moto del cavallo mi fa orribilmente male.

— Appoggiati bene sul mio petto.

— Ah! esclamò il ferito. Quanto sei buona Fathma eppure sono un ribelle.

— Questo ribelle un tempo fu mio suddito, disse con voce commossa l’almea.

Il ferito si volse verso di lei e la guardò con tenerezza.

— Fathma, perchè hai abbandonato il mio signore che tanto ti amava e che ti avrebbe resa tanto potente?

— Non chiedermelo se non lo sai, disse con aria tetra l’almea.

— Fu la fatalità forse?

— Forse.

— Sai che quel giorno che tu sparisti io l’ho veduto piangere il mio Signore?