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che nasce nel cuore, non si spegne neanche in sogno.

— Ed io sai a chi penso?

— Leggere il pensiero dell’uomo non è dato che ad Allah e al suo profeta.

— Penso a quell’adorabile almea che vidi danzare a Machmudiech.

Sulla bruna pelle dell’arabo passò un fremito.

— A Fathma, articolò sordamente egli.

— Sì, a Fathma. Come la trovasti tu?

— Mi pareva avere dinanzi...

Voleva aggiungere una uri di Maometto, ma le parole gli morirono sulle labbra.

— Una bella donna, vuoi dire.

— Presso a poco. E come mai tu pensi a lei?

— Perchè?... Credo di non dir troppo, se ti confesso che i suoi occhi mi hanno affascinato e che la sua voce mi toccò il cuore.

Se fosse stato giorno Notis avrebbe potuto vedere le labbra dell’arabo contrarsi e la sua faccia diventare cinerea.

— Ah!... si sforzò di dire Abd-el-Kerim.

«Quella creatura ti ha morso il cuore?

— Di’ invece che vi ha gettato una scintilla dentro.

— E questa scintilla sarebbe?

— D’amore.

L’arabo diede un sì violento strappo alla correggia che il mahari fu forzato ad alzare la testa. Notis se ne accorse.

— Che diavolo hai Abd-el-Kerim?

— Nulla, ho sostenuto il cammello che stava per inciampare contro un sasso.

— Uh! fe’ il greco. Non so come un sasso possa trovarsi fra questi terreni.

La conversazione finì lì. I due mahari che avevano per un istante rallentata la corsa, la ripresero più velocemente salendo e discendendo le colline cosparse d’erbe spinose chiamate dagli indigeni alfèh, arse dai cocenti raggi del sole equatoriale