Pagina:La favorita del Mahdi.djvu/309

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Sette od otto lancie, scagliate dagli insorti, caddero nel mezzo della zeribak. Alcuni egiziani, spezzati i legami, raccolsero quelle armi e le impugnarono disponendosi in cerchio intorno ai compagni inermi.

Era tempo. I guerrieri di Tell-Afab, dopo una debole resistenza, oppressi dal numero strabocchevole degli assalitori, avevano gettato le armi dandosi a precipitosa fuga. I guerrieri del Mahdi, scalata la palizzata, si riversarono giù nella zeribak mandando urla feroci.

L’urto che successe fra questi e i prigionieri fu tremendo. Più di venti uomini caddero al suolo, chi colla testa spaccata fino al mento, chi passato da parte a parte dalle lancie, chi orribilmente mutilato, senza gambe o senza braccia. Il suolo s’inzuppò di sangue per trenta passi all’ingiro.

Assaliti e assalitori, spumanti d’ira, mugulando come belve, si mescolarono confusamente menando all’impazzata le armi, adoperando i pugni, le unghie, i denti, strangolandosi, straziandosi le carni, atterrandosi e calpestandosi rabbiosamente. In un momento non si scorse più che un attruppamento di persone che ondeggiavano per di qua e per di là, che avanzavano o che indietreggiavano, che cadevano o che si rialzavano empiendo l’aria di spaventevoli clamori, di urla, di lamenti, di rantoli.

Ogni qual tratto da quel gruppo di combattenti uscivan dei guerrieri tutti coperti di sangue, che dopo di aver barcollato rotolavano al suolo per non rialzarsi più. Talvolta era invece un egiziano, livido, esangue, colle vesti a brani, che veniva quasi subito raggiunto, sbranato a colpi di scimitarra o inchiodato a colpi di lancia contro le palizzate.

Da cinque minuti la sanguinosa pugna durava, rianimata dall’arrivo di nuovi guerrieri che volevano «bere sangue egiziano», quando in lontananza si udì improvvisamente una voce metallica, imperiosa gridare: