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Lo scièk si affrettò ad ubbidire, dopo di avere scambiato col beduino un rapido sguardo.
Ahmed fece due o tre giri attorno alla stanzuccia, poi fermandosi improvvisamente dinanzi al beduino sempre impassibile:
— Chi sei? gli chiese,
— Siamo soli? domandò invece l’interpellato.
— Perchè? chiese Ahmed con sorpresa.
— Perchè quello che ho da dirti nessuno deve udirlo.
— Quando è così puoi parlare. Nessuno ardirà udire quello che narrerai.
— Sai già che io non sono un beduino.
— El-Mactud mi disse che tu sei un bianco.
— Sai che ho rinnegato la mia religione per seguire la tua?
— Lo so e ringrazio Allàh che ti fece ravvedere.
— Una volta ero cogli egiziani, poi disertai; sul Bar-el-Abiad caddi prigioniero di El-Mactud e voltai le mie armi contro gli antichi miei compagni, contro gli stessi soldati che io guidavo.
— Mi dissero che tu eri coraggioso come un leone e che a Kasghill fosti il primo a entrare nel quadrato di Hicks pascià. Veniamo al fatto ora: che hai da dirmi?
— Andiamo adagio: Ahmed. Prima di parlare devo proporti un patto.
— Un patto!
— Sicuro.
— E quale sarebbe?
— Sai che io vengo a denunciare un uomo che tu esecri, un uomo che ucciderai appena ti avrò detto chi sia esso e che cosa fece.
— Ebbene?
— Bisogna che tu giuri di abbandonarmi quell’uomo onde io lo faccia morire come meglio mi piacerà.
— E se io non acconsentissi?
— Non saprai nulla.
Ahmed lo guardò con maggior sorpresa. Nei