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— Io dò a quest’uomo la mia mano, il mio sangue e la mia vita! diss’ella.

Abd-el-Kerim la strinse fra le braccia e stettero così abbracciati per qualche minuto durante il quale Notis continuò a sogghignare, poi si separarono.

— Fathma, disse l’arabo. Va con questi soldati che ti accompagneranno alla tua dimora. Io e Hassarn qui restiamo a giuocare la nostra vita contro quella di quel vigliacco. Prega Allàh e il Profeta per noi.

L’almea non tremò nè diede alcun indizio che dimostrasse timore. S’avvolse nella sua farda con gesto maestoso e s’allontanò seguita dai basci-bozuk.

L’arabo la seguì cogli occhi, poi quando sparve in mezzo agli alberi si volse contro Notis, che digrignava i denti sotto la pistola d’Hassarn.

— E ora, diss’egli con calma forzata, sono con te Notis. L’uno o l’altro vi lascierà la vita. Tu più che mio nemico sei mio rivale e ciò basta.

Hai dimenticata Elenka adunque?

— L’ho dimenticata.

— E per Fathma, per una spregevole almea!

— Sì, per un’almea.

— A noi due, adunque. Bada, Abd-el-Kerim, che non ti risparmierò!

Hassarn a un cenno dell’arabo abbassò la pistola ed andò ad appostarsi a sei passi di distanza: i due rivali impugnarono la scimitarra.

CAPITOLO VI. — Il duello.

La notte era oscura, essendo la luna e le stelle nascoste da una nera fascia di densi nuvoloni, tuttavia vi si vedeva abbastanza per cacciarsi dieci pollici di lama attraverso il corpo. Notis, cui un’ira feroce animava in unione alla gelosia e ad una smania terribile di vendicarsi dell’affronto subito dinanzi agli occhi di Fathma, fu il primo a mettersi in guardia, dopo di aver provato l’elasticità della sua scimitarra. Abd-el-Kerim, quantunque gli ripugnasse il battersi col fratello di colei che aveva tanto amato