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Con reale decreto del 23 dicembre 1852, la regia Università degli studii di Napoli fu messa sotto la speciale protezione di San Tommaso d’Aquino, e venne parimente disposto che i suoi professori titolari, non meno che il presidente e i membri del Consiglio generale di pubblica istruzione, dovessero portare sospesa al collo, a guisa di onorificenza, una medaglia dorata sormontata dalla reale corona, avente da una parte l’effigie del santo protettore con l’epigrafe: Divus Thomas Aquinas Regiae Neapolitanae Universitatis professor et patronus, e dall’altra, l’epigrafe: Ferdinandus II Rex P. F. bonarum artium stator. Il nastro di color celeste, simbolo dell’Immacolata, alla quale era sacra la chiesa dell’Università, aveva diverse dimensioni, secondo che serviva per il presidente del Consiglio di pubblica istruzione o per i semplici consiglieri, per il rettore o per i professori.

Era rettore dell’Università don Mario Giardini, professore di fisica sperimentale. Sei le facoltà: teologia, matematica, scienze naturali, giurisprudenza, belle lettere e filosofìa, e medicina. Se abbondavano gl’insegnanti mediocri ed oscuri, non mancavano scienziati di gran valore e alcuni di fama europea. Niccola Nicolini, presidente della Corte Suprema, insegnava diritto e procedura criminale; Michele Tenore, botanica; Luigi Palmieri, logica e metafisica; Filippo Carrillo, leggi civili; Placido de Luca, economia pubblica (la parola politica venne mutata in pubblica); Michele Zannotti, meccanica razionale; Niccola Trudi, calcolo sublime; Annibale de Gasperis, astronomia e geodesia; Arcangelo Scacchi, geognosia; Felice de Renzis, oftalmiatria; Gaetano Lucarelli, fisiologia, e Giuseppe Moyne dirigeva la clinica oftalmica. Professori emeriti, Paolo Tucci e Vincenzo Flauti nella facoltà matematica, e don Franco Rosati in quella di medicina.

Filippo Carrillo, che era anche consultore di Stato, ebbe una moglie col nomignolo di Donna Ciomma, cioè " Donna Girolama„, la quale salì a grande notorietà, insieme al marito, per avere ostentata, dopo il 1849, gran devozione alla dinastia e raccolte molte firme alla supplica per l’abolizione dello Statuto. Fu in quel tempo, che avendo il Carrillo fatto apporre sull’entrata principale di una sua villa in Portici l’emblema d’una pigna, venne fuori questo epigramma, attribuito anch’esso al Caccavone: