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Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/15

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spesso comica integrità. Del resto, se i siciliani fecero così, a consiglio del Filangeri, i napoletani fecero peggio, a consiglio del ministro Giustino Fortunato, sottoscrivendo la petizione al re, perchè abolisse lo Statuto. Sono aberrazioni, è vero, ma perchè nasconderle o attenuarle? Appartengono alla storia.

Fra le carte lasciate dal marchese Emidio Antonini, ministro di Napoli a Parigi dal 1848 al 1860, e messe gentilmente a mia disposizione dalla nipote di lui, marchesa Antonietta Cappelli, ho rinvenuto alcune istruzioni originali, mandate dal re Ferdinando II al suo ministro, le quali rivelano il principe e l’uomo, e il suo modo di vedere rispetto alle cose di Francia, dopo l’assunzione al trono di Luigi Filippo; e alle cose di Spagna, dopo la morte di Ferdinando VII; e nuovamente a quelle di Francia, dopo che Luigi Napoleone Bonaparte fu assunto alla presidenza della repubblica. Sono interessantissime; e assai caratteristico e curioso è il diario, che l’Antonini scrisse a Napoli nel 1852, nei giorni che vi stette, quando il re lo chiamò per dargli a voce le istruzioni, circa il pronto riconoscimento del Bonaparte come imperatore. Ferdinando II voleva esser primo a compier questo atto, vedendo nell’Impero una garanzia per l’ordine politico e sociale in Europa; e per il re di Napoli non vi era più dubbio, dopo il colpo di Stato del 2 dicembre, che la repubblica fosse finita. Altri documenti del carteggio dell’Antonini non si riferiscono al periodo da me trattato; e quelli concernenti la guerra di Crimea, il Congresso di Parigi e la guerra del 1859, che sarebbero stati interessantissimi, anche per controllare i