Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/254

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udienze divennero rarissime. Innanzi tutto bisognava ottenere dal prefetto di polizia, dall’intendente, il passaporto per Gaeta come per Caserta; fare un viaggio non breve; e quando si era giunti a Gaeta bisognava attendere avanti alla prima porta della fortezza, che il passaporto fosse vidimato dall’ispettore di polizia di servizio, o dal comando della piazza. Quando era ad Ischia, dava udienza nell’androne della casina reale, non essendovi, nell’unico piano superiore, sale per accogliervi i supplicanti. Il re indossava costantemente la divisa militare, ma, pur essendo attaccatissimo agli ordinamenti della milizia, fino al punto da notare, a prima vista, se la divisa di un generale o di un soldato fosse d’ordinanza, dava lui qualche volto l’immagine del disordine, indossando la giubba di linea e mettendovi sopra le spalline e portando in testa il berretto di colonnello di stato maggiore; ma ordinariamente vestiva l’uniforme di questo grado, e nelle gale, la divisa di tenente generale. Negli ultimi anni il suo vestito era addirittura negletto, e la sua giubba non sempre sine macula. Le volte, che lo si era visto in borghese, si contavano sulle dita, ma sempre prima del 1848 quando si recava alla fiera di Foggia; e fu grande la maraviglia di tutti, quando in un veglione dato al San Carlo nel carnevale del 1844, fu visto in marsina bleu scuro con bottoni d’oro, calzoni neri, panciotto bianco, cravatta bianca e cappello a cilindro non molto alto, passeggiare per la platea, rialzata al livello del proscenio, insieme con un gentiluomo di camera.


Benchè religioso, gli riusciva intollerabile la compagnia degli ecclesiastici saccenti; e quando nel 1848 monsignor Cocle fu licenziato per imposizione del ministero liberale ed esiliato a Malta, scelse per confessore un oscuro prete, che aveva insegnato il sillabario nell’istituto Possina, e si chiamava don Antonio de Simone, che più tardi fu prelato e vescovo in partibus Era un brav’uomo, alto, ben portante, ma di una volgarità, di una ignoranza e di una avarizia fenomenale. Unendo in matrimonio nel 1859 il giovane Raffaele Perfetti di Barletta con una delle figliuole di Giovanni Cassitto, donò allo sposo ... un paio di straccali, lavorati al croscè, e alla sposa un quadretto con immagine sacra di brutta litografia: tutta roba che non superava il valore di cinque lire! E alla sposa, giovanissima e grazio-