Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/307

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rato Caracciolo di Santeramo, un nobile signore e un brav’uomo che aveva la passione dei cavalli, per i quali spendeva molto e passava buona parte del giorno nelle scuderie. Vestiva dimesso, anzi affermavano i maligni, che la nettezza della persona non fosse la cura principale di lui. Proposta la nomina al re, questi riconobbe che il marchese aveva i titoli per ottenerla, “ma sapete, aggiunse ridendo, quale sarebbe la decorazione più adatta per lui? L’ordine del Bagno, ma io non l’ho e non posso darglielo„ Altro che bagno occorrerebbe oggi per tanti nuovi decorati, i cui maggiori titoli sono le trappolerie elettorali! Vuolsi però che il marchese non avesse la croce, perchè mancò alla consuetudine di partecipare la morte del padre suo, Carlo, al re e chiedere, come capo della famiglia, la medesima decorazione.1


Per il merito civile e letterario c’era l’ordine di Francesco I; quello di San Gennaro non serviva, di regola, che per riconoscere i gradi più alti della nobiltà; era quasi ereditario nelle grandi famiglie e veniva anche conferito ai presidenti del Consiglio dei ministri, solo essendosi fatta eccezione per i ministeri costituzionali. Gli altri tre Ordini erano affatto militari, ma, alle volte, in ricompensa di lunghi o di speciali servigi prestati nelle amministrazioni dello Stato, un alto funzionario poteva essere insignito anche della croce Costantiniana, ma Agostino Magliani, promosso nel 1857 ufficiale di ripartimento, o capodivisione, non ebbe ìa croce di Francesco I, neppure dopo la risposta fatta a Scialoja e molto se ne afflisse. Il re decorava sempre di mala voglia i suoi impiegati. Alla morte di un cavaliere di San Gennaro, il figlio primogenito restituiva le insegne, e nello stesso tempo faceva chiedere al re che l’onorificenza venisse a lui concessa. Il re quasi sempre vi consentiva, Nel 1849 mori il vecchio barone Barracco, e il figlio primogenito Alfonso, uomo di spiriti liberali, come tutti di sua famiglia, restituì le insegne del padre e non le chiese per sè. Altrettanto aveva fatto, qualche anno prima, il marchese della

  1. Ciò afferma suo figlio, il principe Marino Caracciolo, marchese di Santeramo, in una lettera del 5 febbraio 1904, pubblicata nel Corriere di Napoli, dicendo che per questo, e non per altro, suo padre non ebbe l’alta onorificenza.