Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/363

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di nessun genere. Due piccole veglie con danze diè il re a Gaeta ad “eletta schiera d’invitati„ una la sera del 12, e l’altra del 16 febbraio 1858. L’“eletta schiera„ secondo il linguaggio ufficiale, era formata da militari, da sindaci e personaggi dei paesi vicini. S’immagini! Il re e i principi si divertivano a dar la baia ai “pacchiani„ imbarazzati e confusi. Altre grandi feste si preparavano per le nozze del principe ereditario, ma le sventure sopravvenute le mandarono in fumo. Durante gli agitati quindici mesi di Francesco II, vi furono ricevimenti, baciamani e circoli, ma balli punto. Tutto questo non fece che accrescere il pregiudizio sul conto del povero duca di Ventignano, il quale era uomo di spirito, zio paterno di Cesare, Federigo e Alfonso della Valle di Casanova e sopportava in pace quella specie di odiosa leggenda, che si era formata sul suo nome. S’immagini, che lo stesso suo nipote Cesare attribuiva l’insuccesso della ferrovia delle Puglie al fatto, che il duca assicurava di averne letto per primo il decreto di concessione! Nè era il solo de’ malcapitati, perchè di jettatori, reputati famosi, Napoli ne contava parecchi che ancora si ricordano con comico spavento. Ogni napoletano, più o meno confessandolo, ha sempre creduto al malefico influsso.


Nonostante l’assenza della Corte, furono quelli gli ultimi anni della grande società napoletana. A Napoli erano il corpo diplomatico, i grandi dignitari e i gran signori, men di oggi vogliosi di viaggi all’estero, nè dissestati dai crediti fondiari e dalle cambiali. Correva allora la voce in Europa che le feste da ballo di Napoli vincessero quelle delle Tuileries in eleganza, e le feste dell’Accademia, nelle sale dov’è oggi il casino dell’Unione, si segnalavano per la loro magnificenza. Il club dell’Accademia raccoglieva nobili con quattro quarti, e l’ammissione vi era difficile. Pur non essendo un club politico, nove decimi dei suoi soci erano devoti o rassegnati al regime borbonico, e temevano più che non stimassero Ferdinando II, il quale aveva ridonata la pace al Regno e garantiva l’ordine. L’Accademia aveva sede nel palazzo Berio, poi trasportò i suoi penati iu piazza San Ferdinando, sul caffè di Europa. Eran qui le sale da giuoco e di conversazione, perchè i balli venivano dati nei locali sopra il San Carlo, che furono poi concessi da Vittorio Emanuele al nuovo circolo dell’Unione, il quale sorse sul finire del 1860,