Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/431

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dopo quella di matematica, la meno incompleta; e tra gli insegnanti avevano maggior fama il Coco, naturalista ittiologo che insegnava materia medica; il Minà, professore di fisiologia; Pispisa, di patologia medica, e noto anche per i suoi spiriti liberali. Il padre del Pispisa, imprigionato per ragioni politiche, era morto in carcere. Ricordo inoltre il Catanoso, che insegnava istituzioni cerusiche ed era operatore arditissimo: a lui era successo il professore Garufi; e, più insigne di tutti, il Pugliatti, che insegnava clinica chirurgica. Figura simpatica, e alla quale gli studenti si mostravano molto affezionati, era quella del bidello don Spiro Cortimiglia, che li aiutava a tenera! in guardia dalla polizia. Gli spiriti liberali prevalevano fra gli studenti per vecchia tradizione. Gli studenti si erano particolarmente distinti anche nei moti del settembre 1847 e del 1848. Fra i più rumorosi e irrequieti agitatori era lo studente di terzo anno di medicina Francesco Todaro di Tripi, oggi senatore del Regno, e professore di anatomia all’Università di Roma. La polizia perciò non li lasciava tranquilli, ma non erano presecuzioni feroci: si limitavano ad arresti, che duravano poche ore, ma in compenso si verificavano di frequente, e l’Università non venne chiusa che una sol volta, dopo i moti dell’aprile 1860, come si dirà più innanzi.

I professori universitari avevano stipendio meschino, anche quelli tra loro che godevano maggior fama, ma in generale la meschinità dello stipendio corrispondeva al poco lavoro, perchè allora, anche più di oggi, l’insegnamento era limitato a sette mesi dell’anno, e le feste maggiori. Ricevevano inoltre frequenti propine, che gli scolari chiamavano rapine, e i professori erano quasi tutti professionisti esercenti; ovvero cumulavano altri uffici, perchè nel regno di Napoli, come nello Stato del Papa, i cumuli erano permessi fino allo scandalo.