Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/442

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aeromoto su Caserta, che schiantò parecchi alberi secolari del bosco e mandò in frantumi molti vetri del palazzo reale. Il mattino seguente, neppure il treno tra Caserta e Napoli potè passare liberamente, perchè la via era ingombra da un grosso pino abbattuto dalla bufera nel giardino Ciccarelìi, presso la stazione.


La prima tappa fu Avellino, dopo una sosta al celebre santuario di Santa Filomena, in Mugnano. Questo santuario fu, sino alla metà del secolo, celebratissimo per opera di don Francesco de Luoia, sacerdote mugnanese, il quale si era assunta la missione di far conoscere al mondo i miracoli di Santa Filomena, una santa bizzarra, come la chiamava lui, Per fortuna del santuario, Mugnano divenne per Ferdinando II un altro San Leucio. Quand’era a Caserta, vi andava per divertimento anche due volte il mese, nella buona stagione, e le sue gite avevano creata molta intimità fra lui e i mugnanesi. Se uno di questi riceveva un torto, esclamava invariabilmente: “Va bene; ce la vedremo quando viene il Re„ Al De Lucia erano succedute nella direzione del santuario le suore della carità, ma i decurioni, su proposta del sindaco Giuseppe Cavaliere, si avvisarono di donare il tempio a Ferdinando II, credendo con questo eccesso di zelo recar maggior vantaggio al paese. Però il re non accettò il dono curioso, e solo per soddisfare la molta vanità del marchese Del Vasto e di Pescara, lo nominò nel 1850 sopraintendente di quel santuario. A Mugnano si era recato anche Pio IX nel 1849, celebrandovi la messa e dalla foresteria benedicendo il popolo.

Il marchese d’Avalos fece gli onori del ricevimento, nella chiesa di Santa Filomena. Le case del paese erano imbandierate; e da ogni parte bì allineavano compagnie di fanteria e squadroni di cavalleria. Le musiche militari annunziarono l’arrivo dei sovrani. Alla porta del santuario, li attendeva monsignor Formisano, vescovo di Nola, che lì benedisse con l’acqua santa, mentre le alunne dell’educatorio Maria Cristina cantavano un inno. La reale famiglia si prostrò innanzi all’altare maggiore e il re vi stette sempre con gii occhi bassi. Il suo contegno fece a tutti impressione: nessuno riconosceva più in lui il sovrano che tante volte nella stessa chiesa aveva suscitate le risa di tutti, con i suoi motti napoletaneschi e salaci. Si ricordava che la penultima volta, in cui egli era tornato a Magnano, per far