Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/450

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I sovrani furono ricevuti dal sindaco Ottavio Carluccio, dal sottointendente Ercole della Valle, dal vescovo monsignor Michele Caputo e dalle minori autorità, Era calato il sole e il freddo si sentiva più intenso. Ariano non venne compresa fra le tappe; e perciò, cambiati i cavalli, si sarebbe dovuto proseguire immediatamente per Foggia. Mostaccione affermava che nel vallo di Bovino era caduta una canna di neve e sconsigliava di andare innanzi. Il re, disceso dalla vettura, andò a chieder consiglio ai personaggi del seguito, i quali risposero che ai rimettevano a lui. Le autorità e la popolazione imploravano con alte grida che il re rimanesse quella notte in Ariano, e il re finì per acconsentirvi, rassegnato innanzi alla forza maggiore. Si salì in città e bisognò, in fretta e in furia, preparare gli alloggi nella casa del vescovo per il re, i principi e gli Scaletta; nel seminario e in case private per gli altri. Il re scelse per sua camera da letto il salone e vi fece rizzare la branda. Volle che nella camera accanto dormissero gli Scaletta. Le due camere, freddissime, erano in comunicazione mercè una porta, ma don Vincenzo Ruffo vi addossò il letto, per rendere più libera li camera del re. Aiutato dal cuoco del vescovo, Cammarano preparò in due ore un discreto pranzo, e alle 8 si andò a tavola e si mangiò di buon appetito, facendo specialmente tutti onora al piatto dolce, formato da magnifiche “meringhe„. Si tentò di riscaldare le camere con bracieri, ma vi si riuscì molto imperfettamente. Quella notte non fu comoda per nessuno. La mattina di buon’ora il re picchiò alla porta della camera dove dormivano gli Scaletta, dicendo al principe: “Paisanuzzo, sienti che friddo; che stai facenno?1 E Scaletta: “Maestà, sto dormenno„. Scaletta era siciliano, e Ferdinando II lo chiamava con quel vezzeggiativo familiare, parlando con lui il natio dialetto.


Si disse che il re nella notte fosse colto da fortissima febbre e tormentato da visioni paurose. Fu anche stampato che Galizia, udito rumore nella stanza del sovrano, vi entrasse e vedesse Ferdinando II in piedi, con una pistola in pugno, in atto di difendersi da un assassino immaginario. Si disse pure che il re passasse il resto della notte insieme col Galizia e coi marinai di scorta, che non c’erano: fandonie partigiane e postume. Alle

  1. Paesanuzzo, senti che freddo; che fai?