Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 438 — |
attorno alle saline di Barletta, e alle paludi della foce dell’Ofanto. Egli aveva distribuiti gratuitamente i terreni da coltivarsi, fornito i capitali agricoli, e istituita una cassa di prestanza e un monte frumentario. La famiglia reale visitò la chiesa in mezzo agli applausi dei coloni; poi si recò al Comune, ed ivi, preso conto dello stato della colonia, ordinò la costruzione di altre centoquaranta case, e diè ascolto a quanti dovevano porgergli suppliche. Fu notato che due sole suppliche furono presentate, ed una dalla figlia della levatrice, Anna Maria Forte, giovane ventenne, molto avvenente, di bella taglia e sveltissima, la quale chiese al re la grazia di una quota di terra e di un po’ di suppellettili di casa, cca sò zita e m’agghia marità.1 II re promise, ma la promessa non fu mantenuta.
Il sole era al tramonto e il freddo intenso. Lungo la strada s’incontravano gruppi di pastori e di terrazzani plaudenti o intontiti, e gruppi più fitti al monumentale ponte sull’Ofanto. Era già notte, e Canosa splendeva di faci e vi echeggiavano rumori allegri. Il re pel gran freddo era tutto avvolto nel suo cappotto militare, aveva scialli sulle gambe e, dì tratto in tratto, prendeva qualche sorso di rum. I cittadini di Canosa erano asciti fuori dell’abitato incontro ai sovrani, con alla testa Salvatore Mandarini, intendente di Bari, il temuto sottointendente di Barletta, Niccola Santoro, ed altre autorità della provincia di Bari, nella quale si entra dal predetto ponte. Sotto l’arco trionfale, eretto all’ingresso della città, era stato innalzato un baldacchino. Il re smontò non senza stento; ricevette le autorità comunali e il clero palatino. Tutti portavano torce, le quali davano allo spettacolo un’aria piuttosto lugubre. Il Capitolo presentò ai re in coppa d’argento i due pani tradizionali: cerimonia stabilita da Guglielmo Normanno, come segno di regio patronato. Poi si avanzarono due gruppi di giovanette vestite di bianco e di ragazzi che, accompagnati dalle bande musicali, cantarono un inno. Il cocchio reale cominciò allora a muoversi, a stento, in mezzo alla folla che urlava evviva, dava suppliche e chiedeva grazie.
Il corteo mosse alla fine per Andria, dove erano preparate più clamorose accoglienze. Si correva a tutta lena e per fortuna non v’erano altre fermate. La popolazione di Andria si riversava per
- ↑ Vuol dire: perchè sono ragazza e mi debbo maritare.