Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/462

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Ed avendo il re dimandato qual grazia volesse, Giannetti lo pregò di ripristinare po’ suoi militi.,. l’uso del kepì! Nel duomo si ascoltò la messa pontificale, ed il re pregò in gin occhiato, innanzi all’immagine di San Riccardo, patrono della città.

Uscito dal duomo, il real corteo si recò al santuario della Madonna dei Miracoli, dove si leggevano queste due iscrizioni: Ai favori di Maria de’ miracoli — elettissimi — il devoto popolo andriano — riconoscente aggiunge — questo non ultimo — dell’ospitare i principi suoi; e dall’altra parte: Dio — nella giustizia e clemenza — di Ferdinando II — la gente andriese — in questo di memorando — festeggiante adora. Queste due iscrizioni, non erano meno ampollose di quella che si leggeva all’ingresso della città: Alle Maestà — di Ferdinando II e di Marta Teresa — ottimi augusti — che di lor presenza con la real famiglia — questo popolo fedele onorano — saluto omaggio riconoscenza; e di una delle tre, poste sulla macchina in piazza del municipio e che diceva: Nel numero dei popoli soggetti — la potenza dei re — nell’amore nella festa del popolo — la gloria di Ferdinando II. Nel santuario, ventiquattro orfane vestite di bianco cantarono un inno; poi ci fu la benedizione. Risaliti nelle carrozze, i Reali presero commiato dalle autorità; e, traversando le vie della città a trotto serrato, in mezzo a fitta calca di popolo plaudente, mossero alla volta di Acquaviva.


Da Andria ad Acquaviva fu una marcia trionfale. I grossi paesi, Corato, Ruvo, Terlizzi, Bitonto, Palo, Bitetto, San Nicandro erano in tripudio. Dappertutto baldacchini, archi, festoni di mortella e toselli di ogni gusto; le case addobbate con arazzi e coperte di seta, e l’inno borbonico risuonante a ogni passo. Lungo quei paesi a così poco distanza l’uno dall’altro, le carrozze reali trottarono quasi sempre fra guardie d’onore, sindaci e decurioni, magistrati e prelati, capitoli e confraternite, e tra un fitto stuolo di cittadini che, tratti dalla curiosità o dalla vanità, volevano vedere i sovrani, acclamarli, e fare augurii al principe ereditario per le sue nozze. Le pubblicazioni del tempo rivelano quanto riuscissero clamorose quelle accoglienze. Le quali, però, a Ferdinando II, che da tre giorni era tormentato da dolorosa lombaggine, arrecavano assai mediocre sollievo, e solo divertirai in qualche modo i principi, soprattuto il conte di Caserta, che si studiava di ritrarre i tipi più comici di quei personaggi, e con