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Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/488

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Ferdinando II non potè l’indomani levarsi, ma le feste non vennero per questo sospese. Tutta la provincia era convenuta a Bari. Vi erano circa centocinquanta guardie d’onore, comandate da Filippo Esperti e Tommaso Melodia, caposquadra delle guardie di Terra di Bari. Dalla mattina alla sera, le bai® musicali suonavano nelle piazze, e la sera c’erano luminarie e fuochi d’artificio e s’innalzarono centinaia di palloni, dalle forme bizzarre. Bari era in preda alla pazza gioia. Ferdinando II dalla camera dove giaceva in letto, vedeva con un senso di pena le luminarie della facciata del teatro e udiva le gridi della folla. A nessuno era permesso avvicinarsi al palazzo. Un cordone di soldati guardava l’Intendenza, e due sentinelle, giorno e notte, ne custodivano il portone. Nel secondo giorno avvenne un curioso incidente. Un tal Lapegna, arrampicatesi su per le sporgenze dei fregi di stuooo della facciata, e quindi afferratosi a uno dei fanali del balcone di sinistra, riuscì a superare la ringhiera del gran balcone di mezzo, che era quello della camera da letto del re, il quale, come vide dietro i vetri uno sconosciuto che metteva le mani in tasca per presentare una supplica, fu preso da paura e si diè a gridare, Il Lapegna venne arrestato dal capitano De Curtis e tenuto in prigione, per qualche giorno. I principali proprietarii della provincia avevano mandati copiosi doni di latticini, di caccia, agrumi, frutta e vini dolci; ma il re poco o nulla potè gustarne per le sue condizioni di salute, e, in gran parte, quelle ghiottornie vennero mangiate dal servidorame.


La maggior attenzione di quanti erano convenuti a Bari in questa circostanza fu richiamata dai lavori del nuovo porto, del quale avevano l’appalto i fratelli Beltrani di Trani. Andarono a vedere questi lavori, il giorno appresso all’arrivo, accompagnati dall’intendente, il ministro Murena, il direttore Bianchini, il duca di Sangro e il generale Ferrari, e ne rimasero soddisfatti. Il Murena, che era anche ministro dei lavori pubblici, nel rimontare in carrozza, disse all’intendente: “Dirò tali e tante cose a S. M., da infervorarla in uno di questi giorni a venire a veder l’opera, od almeno, quando ciò riesca impossibile, da farla vedere da S. A. il Principe„. E di fatti, quattro giorni dopo, il duca di Calabria e i suoi fratelli, accompagnati dal