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salutarono nell’uscire. Quello spettacolo pose fine alle feste nuziali. Nell’interno della Corte cominciò il giorno dopo un periodo di timori e di ansie, che non si riusciva più a nascondere.
I principi e gli arciduchi non trovavano distrazioni che le passeggiate per la città, e in brevi corse nei borghi vicini; e i principi, quando non uscivano, salivano sulla grande terrazza dell’Intendenza e si divertivano a saltare. Nei primi giorni, gli sposi non parteciparono a questi giuochi. Sofia avrebbe preferito uscire sempre a cavallo, ma non permettendolo il marito, usciva anche in carrozza. Le prime nubi fra loro ebbero origine da questo, nè alla Rizzo riusciva dissiparle. Dopo alcuni giorni, anche gli sposi presero parte alle birichinate dei principi. Uno degli scherzi preferiti, anzi quello prediletto dal conte di Caserta, era di andar a scostare i banchi dei letti dei famigliari, in modo che questi montandovi sopra, nell’andare a letto, ruzzolavano giù. In quell’agglomeramento di ospiti e di familiari nell’Intendenza, più volte ripetettero questo scherzo, che li divertiva tanto. E il conte di Trani ne fece uno più crudele al segretario generale dell’Intendenza, Giuseppe de Filippi, che era stato sottointendente a Melfi, e che, in occasione delle nozze, aveva, anche lui, pubblicato un sonetto apologetico a Ferdinando II. Era un brav’uomo, complimentoso e tutto inchini, il quale, durante il soggiorno del re a Bari, non smesse mai l’uniforme. Un giorno il conte di Trani chiese delle arance, e il De Filippi, invece dì ordinare a un cameriere di portarne in un vassoio, le portò egli stesso sulla terrazza. Questo eccesso di zelo, anzi di servilismo, indispose Luigi e Alfonso così al vivo, che decisero di liberarsi di lui su due piedi. Il conte di Trani invitò il De Filippi a partecipare al giuoco dei soldati, e il De Filippi non se lo lasciò ripetere. Lo mise prima sull’attenti, e poi gli ordinò di andare in avanti, sempre, sempre in avanti, sino all’uscio della scala, che il principe gli chiuse alle spalle con una grande risata. Non fu visto più, e i giuochi continuarono più liberamente.1 Maria Sofia si trovava volentieri in com-
- ↑ Tommaso de Filippi, figlio di Giuseppe, pubblicò un opuscolo nel 1894 per infirmare la veridicità dell’aneddoto da me raccontato e rivendicare i meriti del de Filippi, quale pubblico funzionario. Egli muove dal presupposto, che io sia stato indotto a ricordar lo scherzo, per mal anime verso