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Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/505

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Bari: “l’affare procede ben per le lunghe, poiché si parla di sgravo di S. M. la regina a Bari. Quanti piaceri per i baresi! Alla fine avranno pure il piacere che la Real principessa faccia la stessa funzione a Bari. Per ora si diverte a pescar merluzzi. Bisogna convenire essere una giovane molto virtuosa. A Trani almeno si sarebbero divertiti a vedere la gran copia di maschere, che la sera vanno girando e, dove si fermano, armano gran ballo„. Quell’arcivescovo si dava un gran da fare, nella speranza che il re passando per quella città si fermasse nel suo palazzo, e lo aveva alla meglio addobbato con mobili ed utensili presi a prestito dalle famiglie più agiate. Già nel 1836 Ferdinando era stato in quello stesso palazzo ospite dell’arcivescovo De Franci, suo istitutore e maestro.

Oltre il solito arco di trionfo e le solite luminarie, che si erano preparate per la città, facea molto parlare di sè l’apparato in legno, fatto costruire sulla facciata della propria casa, dal giudice regio, don Niccola Ferrara, famoso improvvisatore di versi, che si possono leggere dall’alto in basso dal basso in alto; da destra a sinistra e da sinistra a destra; uniti e divisi; ed in qualunque modo letti, sconclusionati sempre. Questo strano tipo, dunque, volendo farsi merito, ideò una specie di altare che chiamavano tosello, elevato sui balconi della sua casa, e ricoperto con drappo di damasco rosso e merletti del suo letto nuziale. Il tosello aveva la forma di un gran baldacchino, sormontato dalla corona regale, e nel mezzo due ritratti incorniciati delle LL. MM. E vi ardevano davanti nelle prime ore della sera, otto grandi torce a vento. Lo spettacolo durò quasi un mese, a capo del quale il povero Ferrara vide una sera andare in fiamme tutto l’apparato, per il forte vento che spirava. E questo fu l’incidente più comico di quel periodo a Trani. Gli altri magistrati della gran Corte civile e della penale, che allora vivevano con rappresentanza e carrozza, guardavano con un senso d’invidia lo sfarzo del giudice e non poco godettero del caso capitatogli. Ferrara aveva per i suoi versi una fama non dissimile dall’Ingarriga e dal Fenicia; ma, tranne questa debolezza, era un brav’uomo.


In Napoli, nonostante le notizie ottimiste del foglio ufficiale, e il silenzio serbato sulle vere condizioni di salute del re, co-