Pagina:La fine di un regno, parte I, 1909.djvu/59

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Il giorno appresso tenne udienza. Gli fu presentata dal cavaliere Cesare Monsolini, capo plotone delle guardie d’onore, la signora Marianna Plutino, moglie di Agostino Plutino, profugo politico. Ella condusse i suoi figliuoli, il maggiore dei quali, Fabrizio, oggi senatore e già prefetto, era appena dodicenne. La povera signora domandò che venisse tolto il sequestro dai beni del marito; ma il Re, di mala grazia, le rispose: "La vostra famiglia è pericolosa alla Società; dovete avere quanto vi basta per vivere; andate„. I bambini scoppiarono a piangere, ma il Re non si commosse. Visitò il collegio e l’educandato femminile, e verso sera uscì in carrozza col principe ereditario, che gettava qualche tarì ai monelli. La mattina del 23, presi gli accordi col generale Filangieri, che gli era venuto incontro fin dal giorno innanzi, partì sul credi per Messina. Il principe di Satriano lo precedette di alcune ore.

A Messina i preparativi erano stati condotti a termine con febbrile attività. Venne costruito un ampio sbarcatoio, la città fu tutta imbandierata e la gente si riversò in folla sulla banchina. Appena fu visto il Tancredi staccarsi dal lido di Reggio, prima l’Ercole e l’Ettore Fieramosca, navi da guerra ancorate nel porto, e poi la cittadella e i forti cominciarono le salve. Il Tancredi si accostava lentamente. Il re era in piedi, a poppa, tra il figlio e il fratello. Sullo sbarcatoio lo aspettavano le autorità, col generale Filangieri alla testa, e i notabili. Le grida festose arrivavano al cielo. Il sovrano coi principi e l’intendente montò in un calesse monumentale, foderato di damasco giallo, offerto dal negoziante Mauromati. La moltitudine tentò di staccare i cavalli e trascinare il legno a braccia, ma egli lo impedì. Sul predellino della carrozza era salito un impiegato dell’Intendenza, certo don Giuseppe Grosso, che urlava a squarciagola: Viva l’eroe delle Due Sicilie! Il Re se ne seccava. Saputo chi fosse, non si potè tenere dall’esclamare: "Quanto è f....„. E il Castrone, volendo fare dello spirito adulatorio e plebeo, rivolgendosi al Grosso: "Nè, Grò, ma’ si f.... co’ decreto reale„. Grosso rise di compiacenza e seguitò a urlare: Viva l’eroe delle Due Sicilie! Il re visitò prima il duomo, dove fu ricevuto dal cardinale arcivescovo Villadicani, il quale presentò a lui e ai