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Gli diè un cazzotto:
Pari all’angla giarrettiera
Dei cazzotti ciascun l’ordine spera.


Fino al trentesimo anno Ferdinando II non ebbe la virtù di dominare i suoi impeti meridionali, e trascendava facilmente a vie di fatto, anche per la sicurezza che nessuno avrebbe osato di reagire: cosa che rivelava grande volgarità d’animo.1

Il re lasciò Catania a mezzanotte. Ebbe, lungo il percorso, altre rispettose accoglienze ad Acireale, a Giarre, a Giardini, a Letoianni, a Fiume di Nisi. La strada era perlustrata dai militi a cavallo, che fecero in quell’occasione un servizio mirabile. Durante le sette ore di viaggio, il re non chiuse occhio; accolse benevolmente le numerose deputazioni che incontrò per la strada e giunse a Messina alle 7 del giorno 26. Vi entrò fra i due capitandarmi Raimondo e Saverio Pettini, i quali cavalcavano ai lati della carrozza. Riposò quattro ore, alle 11 e mezzo senti la messa, e dopo aver ricevuto altre deputazioni, andò, per la strada del Ringo, al piccolo tempio della Madonna della Grotta e assistette alla benedizione.


Un curioso aneddoto della dimora di Ferdinando II in Messina riguarda il percettore delle imposte, Francesco Marchese, un brav’uomo, popolare per la sua eloquenza enfatica. Egli si accostò al Re, gridando: "Maestà, grazia„. E il Re, che lo conosceva: "Oh, Marchese, mi ricordo di tuo padre; era un galantuomo; e tu che vuoi?„ "Maestà — riprese lui — dovete riparare a una ingiustizia: alla tassa sulle finestre„ — "Non l’ho messa io, ve l’avete posta voi stessi„. — "Sì, Maestà, rispose il Marchese; ma tanto paga la casupola del povero, che ha una o due finestre che il palazzo di V. M.; inoltre Messina ha un forte attrasso di fondiaria, come debbo riscuoterla io? debbo vendere i pagliericci

  1. A proposito del viaggio del re a Messina, può leggersi qualche altro particolare, del resto insignificante, in una pubblicazione del tempo, dal titolo: Messina nel 23 e 26 ottobre 1852, edita dalla stamperia di Tomasso Capra, all’insegna del "Maurolico„. È preceduta da una relazione, con le iniziali F. B., che son quelle di Felice Bisazza, il quale volle in quella occasione immortalarsi in versi e in prosa. L’opuscolo conta 99 paginette. Alcune curiose notizie sulle visite di Ferdinando II a Catania mi sono state fornite dall’egregio e colto avvocato Giovanni Perrotta.