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Pagina:La fine di un regno, parte III, 1909.djvu/145

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quel re in vista di tal fatto, credette ordinure alla sinistra delle sue truppe, come più vicine, comandata dal Generale Scotti, di marciare negli Abruzzi riprendere Aquila e Pescara, e fare di noi pescaresi principalmente un macello. Questa colonna Scotti però si mosse lentamente, arrestata od impaurita del concentramento a Castel di Sangro di molte compagnie di volontari garibaldini, i quali difendevano i valichi per gli Abruzzi, e fu tanto inoperosa per una ventina di giorni e più, che diede tempo poscia al Generale Cialdini d’incontrarla al Macerone e sconfiggerla facendo prigioniero anche lo Scotti.


Parte II.


Cessato pertanto allora ogni pericolo col possesso della Piazza forte, Pescara, con una sola mente ed un sol cuore, attese partecipandovi largamente, allo svolgimento delle cose, alle aspirazioni del prossimo conseguimento della libertà ed Unità d’Italia. Ed all’adempimento dei precari doveri di conservare tutto ciò che sì trovava ammassato nella Piazza, materiale, munizioni e provvigioni da bocca. Il Municipio ebbe cura degli 80 muli e cavalli della batteria Baker, alimentandoli per più di un mese. La spesa di essi non è stata mwui rimborsata, nè il Municipio la domandò per senso di alto patriottismo. Dopo 2 giorni la nostra Guardia Nazionale venne rinforzata da altre compagnie nazionali dei luoghi vicini.

Dopo il 16, si seppe il passaggio della frontiera dello Stato Romano ad opera delle truppe di Vittorio Emanuele, capitanate da Fanti e Cialdini, come la brillante azione di Castelfidardo e l’espugnazione di Ancona. Ma nel frattempo il giubilo generale era funestato dalle notizie che giungevano da Napoli, dove vi era lotta di preponderanza fra il partito Mazziniano e quello liberale monarchico italiano, per l’indirizzo da darsi al movimento unitario. In Abruzzo con generale malcontento giungevano ordini, disprezzati e ineseguiti, di opporsi ad ogni intervento eventuale del Piemonte, e non mancarono gravi minacce. Le popolazioni dell’Abruzzo, più esposte, non vi badarono, finchè sul finire dello stesso settembre una sol voce confortante si diffuse: “Andiamo, quanti più possiamo, come rappresentanti, al re Vittorio Emanuele, magari, a Torino, onde invitarlo a salvare l’ex Reame di Napoli„. Il giorno dopo di questa voce vi fu una partenza generale per Ancona di moltissimi in tale veste, specialmente del Teramano. Noi di Pescara ne fummo cinque, e tutti ci trovammo giunti in Ancona nel giorno 30 di quel mese, cioè uno o due giorni dopo della espugnazione di quella Piazza.