Pagina:La fine di un regno, parte III, 1909.djvu/167

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MARIO MANDALARI


Crederei venir meno ad un obbligo di onore e ad un sentimento di profonda e affettuosa amicizia, se non ricordassi la vittima forse più illustre del terremoto di Messina, Mario Mandalari, il cui nome ricorre tante volte nelle pagine di questo libro. Mente colta e perspicua, e anima d’artista, il Mandalari lascia un segno durevole di sè nella storia della coltura moderna, Scrisse di tante cose; fu tra i più valorosi discepoli del De Sanctis; professore di scuole secondarie e di Università; ispettore delle scuole italiane all’estero, e per dieci anni direttore della segreteria dell’Università di Catania, dov’era riuscito ad acquistarsi la benevolenza dei professori e dei giovani, e dove si strinse con vincoli di salda amicizia ad Angelo Majorana. Da Catania fu chiamato a Roma, dove ebbe parecchi incarichi; e a Roma sperava rimanere, essendo professore pareggiato di lettere italiane all’Università; ma, nonostante il suo desiderio e i mezzi adoperati per rimanere in Roma, sì fu con lui inesorabili, e lo si mandò a Messina. Qui abitava in casa di suo fratello Lorenzo, fondatore e direttore di quel manicomio, ingegno brillante e cuor generoso anche lui. Furono sepolti amendue sotto le macerie del palazzo Grill, in via Alighieri, e sepolta con essi tutta la famiglia di Lorenzo, cioè la moglie e tre signorine nel fiore degli anni, belle e intelligenti, e una signora russa loro governante. Non si salvò nessuno; e non fu neppur tentato alcun