Vai al contenuto

Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/114

Da Wikisource.

— 98 —

cui fu dichiarato dal parlamento dell’Isola traditore della patria. Si chiamava Giovanni Gioeni Cavaniglia ed aveva anche il titolo di duca d’Angiò. Era piccolo e brutto, e sul suo conto si narravano storie losche, non ultima quella che Giacomo Tofano, fra lo stupore generale, raccontò alla Camera dei deputati nella seduta del 16 gennaio 1862: storia la quale venne alla luce per una querela che presentò contro di lui, per frode e falsità, donna Caterina dei Medici, figlia del principe d’Ottajano e moglie del marchese Cavalcante. Petrulla fu difeso da Roberto Savarese e da Giuseppe Pisanelli, e nella memoria defensionale stampata a Napoli nel 1839, sono narrati i particolari di quei fatti che procurarono all’imputato il carcere preventivo, dal quale uscì in libertà provvisoria, per deliberazione del 3 novembre 1835 della camera di Consiglio. Proseguiti gli atti istruttorii nel 1839, grazie al valore dei suoi avvocati, venne assolto; ma con stupore generale, dieci anni dopo, fu nominato inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Vienna. Non aveva finito di pagare gli avvocati, e il Pisanelli, esule a Torino, dovè tribolare parecchio, per ottenere il resto del compenso.

Il Petrulla sostituiva alla scarsa cultura una dissimulazione perfetta. Parlava poco e si circondava di un’aria di mistero; benchè principe e ministro del Re di Napoli, non in tutte le case era ricevuto. Uno dei saloni più eleganti era, in quei tempi, a Vienna quello della principessa di Schönborn, congiunta del defunto cardinal di Praga. I diplomatici facevano a gara per esservi ammessi, nè il penetrarvi era facile, perchè la principessa teneva a non ricevere persone di dubbia fama, e il Petrulla non vi ebbe mai invito. Egli viveva quasi appartato dalla vita sociale e si levava di buonissima ora, e poichè era un grande sportmann, faceva lunghe passeggiate a cavallo, o guidava al Prater il suo elegante stage-coach, al quale erano attaccati dodici superbi cavalli inglesi; dava frequenti pranzi, serviti secondo il costume inglese con profusione di vini eccellenti. Aveva la smania di mostrarsi inglese in tutto, dalle scuderie e dagli equipaggi ricchissimi, alle profumerie, che largamente adoperava, ai mobili e alle argenterie.

Il Petrulla aveva sposata una principessa di Partanna, già vedova con una figlia, la marchesa Sessa tuttora vivente, ma la