Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/236

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anche all’estero. Il conte Brignole, segretario generale della Società universale per l’incoraggiamento delle arti e dell’industria, la quale aveva sede a Londra, scrisse, nel gennaio del 1858, al direttore del ministero di polizia, Ludovico Bianchini, chiedendogli il permesso di promuovere a Londra una sottoscrizione per soccorrere i danneggiati dal terremoto, non avendo il Re di Napoli rappresentante presso la Corte inglese, per la rottura dei rapporti diplomatici tra i due Regni. Bianchini rispose che ringraziava, poiché "la mancanza delle relazioni diplomatiche tra le due Corti non poteva — egli disse — far cessare i rapporti del commercio e dell’industria e, molto più, della civilizzazione e dell’umanità tra i due paesi„; ed espresse pure il desiderio che le somme fossero versate direttamente al Banco di Napoli.


Non mancarono, a proposito del terremoto, le solite esercitazioni rettoriche, nelle quali la fantasia degli scrittori ebbe largo campo di sbizzarrirsi, descrivendo lo spavento comune. Fuori dei rapporti ufficiali, che enumerano i danni avvenuti, non conosco un solo lavoro, nel quale siano stati riferiti completamente fatti e circostanze, che diano un’idea esatta di quanto effettivamente avvenne. Tra i lavori, solo ricordo quello di Giacomo Racioppi, che raccolse in un opuscolo gli articoli pubblicati nell’Iride. Raffaele Battista, segretario della Società Economica di Basilicata, stampò una relazione, con qualche cifra statistica e, negli atti dell’Accademia Cosentina, il segretario Luigi Maria Greco pubblicò una specie di raffronto tra gli scrittori, che parlarono del terremoto del 1851 e quelli del 1857. Il professor Roller, ginevrino, si recò sui luoghi del disastro e di là scriveva lettere ai suoi amici di Svizzera, che furono pubblicate a Ginevra e rivelavano lo stato miserando del Regno, in fatto di viabilità e di civiltà. I racconti dei giornali napoletani erano rettorici o addirittura grotteschi, come quello dall’Epoca, di cui ecco un saggio: "Erano da poco suonate le dieci, quando parve che la terra ondulasse. L’attenzione sospesa un momento, non tardò a farne certi che il terreno si muovesse sotto i piedi, cosicché la sensazione prolungandosi, tutti giudicarono e videro, che un novello tremuoto veniva a scuoterci dalle fondamenta. Nè passò il tempo in che l’un all’altro dicesse il