Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/274

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perche questo non. era alto. Negli ultimi anni, tre marchesi presedevano alle tre casse: il marchese Serra di Rivadebro alla prima, il marchese Sersale alla seconda e il marchese Da Bisogno alla terza. Governatore della prima cassa di Corte era Natale Sorvillo, reputato e ricco uomo, che teneva banco per suo conto ed era comproprietario delle cartiere meridionali ad Isola del Liri. Razionale era Bartolomeo Fiorentino. Il barone Carbonelli e Niccola Buonanno coprivano il posto di governatori alla seconda cassa di Corte, di cui era razionale Luigi Giovine, tuttora impiegato alla Pietà. Alla cassa dei privati erano governatori il marchese Santasilia e il barone Marinelli; razionale, Francesco Soletta, il cui figlio Luigi fu anche impiegato del Banco, alla sede di Roma. Governatore dell’archivio era don Antonio Degni, uno degli avvocati più reputati d’allora. Appartenevano alla commissione di sconto banchieri o rappresentanti di ditte di prim’ordine: Giacomo Forquet, socio dell’antica ditta Forquet e Giusso, di origine genovese; Gaetano Cavassa, Niccola Buono, commerciante di grani all’ingrosso, e la cui ditta ancora esiste; Gioacchino Ricciardi e Francesco Stella, negoziante di telerie. Tesoriere della cassa di sconto era il marchesino Pasquale del Carretto, morto recentemente quasi in miseria, perchè il vecchio marchese, sia detto a suo onore, non lasciò nessun patrimonio; e venuto il nuovo ordine politico, il figlio perdè l’impiego al Banco ed anche l’altro, più lucroso, di percettore del quartiere San Ferdinando, conferitogli come regalo di battesimo dal Re e che non esercitò mai di persona. Aveva sposata nel 1859 l’unica figliuola di Niccola e Teresa Spada possidenti molto ricchi di Spinazzola, e la giovane marchesa del Carretto, oggi defunta, scriveva graziosi versi.

Il Banco di Napoli non aveva succursali nelle provincie. Ogni tentativo d’istituirle riuscì vano, perchè il Re non volle mai saperne, anzi si narra che egli investisse una deputazione di cittadini di Reggio, i quali andarono a domandargli una succursale del Banco con queste parole: "andate, volete rovinarvi con le cambiali; voi non siete commercianti; voi non capite niente„. Fin dai suoi tempi, il Medici intendeva aprirle in ogni provincia, ma ne egli, ne i suoi successori vi riuscirono mai; ne miglior sorte ebbero i tentativi del D’Andrea e del Murena, quando il Banco aveva trenta milioni di ducati nel suo tesoro,