Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/316

Da Wikisource.

— 300 —

Comparando la Sicilia all’Inghilterra, vedendo da vicino ed apprezzando tutto ciò che il popolo inglese ha di buono, di forte e di grande, e tuttociò che il popolo siciliano ha di comune con esso, nonché gl’insuperabili doni naturali, Florio ebbe il proposito di dare la ricchezza alla sua patria di adozione. Egli non era siciliano. Nato a Bagnara nel 1800, andò col padre a Palermo, per aprir bottega di droghiere, che tuttora esiste, in via dei Materassai. Morto il padre, fu aiutato da uno zio. Da giovinetto viaggiò molto e molto apprese, e lavorando senza tregua, con lo spirito aperto alle più. audaci iniziative, divenne il restauratore dell’economia siciliana. Istituendo fin dal 1846 la prima linea di navigazione a vapore, aprì la Sicilia al mondo, ma singolarmente all’America e all’Inghilterra. Istituì una fonderia di ferro, trasformò su basi razionali l’industria della tonnara, col magnifico stabilimento della Favignana, diè notorietà mondiale al vino Marsala, creandone un tipo più confacente al gusto generale, e ai prodotti principali dell’Isola fece acquistare un valore che non avevano. L’industria siciliana si affermò ad un tratto sul nome di Vincenzo Florio. Morì nel 1868, senatore del Regno d’Italia e molte volte milionario, né mai ricchezza al mondo potè dirsi di migliore acquisto della sua, come di lui scrisse lo Smiles, che gli diè un posto d’onore fra gli uomini più benemeriti del suo secolo. Il nipote ne continua l’opera e seguita ad illustrarne il nome onorato.


La vita nelle città era a un buon mercato inverosimile, e scarsi dappertutto i bisogni morali, anzi limitati alle classi più ricche. Nessuna legislazione fiscale inceppava il movimento della proprietà, e le fittanze a lunga scadenza, le enfiteusi temporanee e perpetue, le vendite, le espropriazioni e le stesse donazioni erano favorite da un sistema legislativo, che non le opprimeva, benché una gran parte delle proprietà immobiliare fosse gravata di vincoli enfiteutici. In Sicilia, più della metà del territorio, forse i due terzi, sottostà anche oggi ad enfiteusi e subenfiteusi, governate dalle antiche leggi. Allora la situazione pareva peggiore della presente per l’inalienabilità dell’immenso patrimonio delle chiese, delle corporazioni religiose e di altri corpi morali: dico pareva, perchè questa grande manomorta rispondeva a fini sociali e morali che la rivoluzione, quando divenne governo,