Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/325

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era andato o piuttosto l’avevano mandato a Caltanisetta i suoi congiunti Statella, a portare le chiavi della città di Palermo al generale Filangieri; ma quando Vittorio Emanuele andò a Palermo per la prima volta nel 1860, fu lui, il quale, avendo conservato l’ufficio di sopraintendente dei teatri, lo ricevette al Carolino.

In casa Monteleone si giocava molto, perchè la duchessa. Donna Bianca nata Lucchesi Palli, era giocatrice appassionata. Questa casa rappresentò la maggior fortuna dell’Isola fino al principio del secolo, quando pel matrimonio di Stefania Branciforti, principessa di Butera e ultima della sua casa, con Giuseppe Lanza principe di Trabia, i due casati divennero un solo, e i due cospicui patrimonii un solo immenso patrimonio. Casa Pignatelli aveva una rendita superiore ai duecentomila ducati, tenuto anche conto dei beni di Calabria e del Messico; e il vecchio duca, noto per la sua bontà, forse non priva di qualche stravaganza, fu Pari nel 1848, votò la decadenza dei Borboni e sottoscrisse poi la revoca di quell’atto con tutto l’alto patriziato, ma senza dichiarazioni vergnose, come fecero altri. A dar brio ai ricevimenti di casa Monteleone contribuivano le cinque figliuole del duca, una delle quali, che divenne poi marchesa Airoldi, contava fra le maggiori bellezze. Dei figliuoli, il primogenito Diego viveva ordinariamente a Napoli e Antonio a Palermo. Erano due tipi assai diversi, anche fisicamente, ma si volevano un gran bene. Diego, il quale non ebbe figliuoli ed assunse alla morte del padre il titolo di duca di Monteleone, era uomo tutto pace e aborriva da impicci di ogni genere. Morì senatore del Regno d’Italia nel 1880. Antonio, invece, irrequieto, vivacissimo, un po’ anche prepotente e noncurante di pericoli, ebbe dei duelli e fu uno dei pochi liberali del patriziato e forse il più audace. Messo in prigione per i fatti del 4 aprile, corse rischio di essere fucilato coi compagni, come appresso si dirà; eletto deputato di Terranova nel 1874, mori a 63 anni nel 1881. Antonio fu padre di Peppino, presente duca e deputato di Terranova.

In casa San Cataldo davano rappresentazioni i filodrammatici, e benché il principe fosse in fama di liberale, egli invitava il luogotenente, i direttori e tutto il mondo ufficiale, non escluso il Maniscalco, cotìae facevano tutti gli altri. Sontuosi i balli in casa Montevago, Tasca, Niscemi e Manganelli.