Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/389

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ai Sovrani. La fermata di Gioia fu breve. Questa era l’ultima tappa di Terra di Bari, ma in Terra d’Otranto dimostrazioni ancora più clamorose attendevano il Re. Da Noci, Castellaneta, Laterza, Ginosa, Palagianello, Palagiano, Montemesola, Grottaglie e Mottola erano accorsi cittadini e autorità in folla, e da tre giorni bivaccavano a San Basilio, grande tenuta del duca di Sangro (dove ora sorge un bel monumento, che la pietà paterna ha innalzato all’unico infelice figliuolo) circa quattromila persone, comprese parecchie compagnie di guardie urbane, con bandiere e bande. V’erano arrivati, nella mattina, l’intendente della provincia Sozi Carafa, il sottointendente di Taranto, De Monaco e altre autorità. Era stato eretto, anche laggiù, un arco di stile dorico con relative epigrafi. Acclamazioni e applausi, accompagnati dall’inno reale, salutarono i Sovrani al loro apparire. Questi si fermarono il tempo necessario per il cambio dei cavalli, ma non discesero dalla vettura. Parve che il Re ricevesse freddamente il Sozi Carafa, memore, si disse, della inchiesta, fatta fare due anni prima dal magistrato don Scipione Jocca, sui lavori stradali della provincia, e che riusci sfavorevole all’intendente, rimasto in carica, si aggiunse, per protezione della Regina; ma erano voci create forse da malignità. Sozi Carafa, che io ho conosciuto nel 1870, modesto impiegato in una casa di spedizioni marittime, morì poverissimo; e, politica a parte, fu uno dei migliori funzionarli mandati a reggere la Terra d’Otranto. Da San Basilio la strada sale pittorescamente, per quattro miglia, sulla collina di Mottola. E di mano in mano che gli augusti viaggiatori avanzavano, seguiti da tutta quella turba a piedi e a cavallo, nel maggiore disordine, ma sempre plaudente ed acclamante, si dispiegava ai loro occhi il maraviglioso panorama del golfo di Taranto, coi monti di Basilicata e della lontana Calabria. Essendo stati cambiati i cavalli a San Basilio, e dovendo essere ricambiati a Massatra, i Sovrani non sostarono a Mottola che qualche minuto. Nel punto, in cui a’ incrociano le quattro strade, innanzi alla locanda del paese, era accorsa tutta la cittadinanza, con alla testa il sindaco notar Leonardo Caramia, i decurioni, il giudice regio e le signore, le quali avevano apparecchiato il cioccolatte da offrire ai Sovrani e imparato il cerimoniale dell’offerta ma questi non presero nulla. Sollevò l’ilarità generale il giudice regio Pirchio, giovane robusto ed elegante, che nella