Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/52

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Nunziante che precedeva il Re di qualche ora. Entrò nella sala senza nemmeno rispondere ai saluti, cercò d’aprire una porta, e poichè questa resistette, anzichè ritentare la prova, l’apri con un calcio. Pareva un forsennato. "Ma questi è pazzo„, disse don Diego Logoteta, e si avanzò forse per fermarlo; ma il barone don Antonino Mantica afferrò l’amico per la coda della marsina e lo trattenne, dicendogli: " Ma che volete compromettervi?„.

Il Re, come giunse, si recò difilato al duomo, e tornandone, proprio di fronte all’Intendenza, successe un fatto veramente strano. Tre persone fermarono i cavalli della carrozza reale, mentre una quarta si avvicinò audacemente allo sportello, e levando in alto un pane di terza qualità, e battendo colla mano sul ginocchio del Re, gli disse: "Maestà, ecco il pane che mangia il popolo„. Il Re, riavutosi dalla prima sorpresa, lo afferrò per il collo, e dicendogli: "Nè, caprè1 — alludendo alla barba che portava sotto il mento — vedi che ti faccio dà ’e legnate„ lo consegnò alle guardie. Era un tal Pellicano, soprannominato paddazza, cocchiere del consigliere d’intendenza Giacinto Sasso, devotissimo al Re. Il fatto fece molto rumore. Si credette ad un attentato, e Alessandro Nunziante intimò al capitano di guardia sul portone del palazzo: "Arrestate chiunque vi si ordinerà di arrestare; sia pure l’arcivescovo„. Il Re, però, saputa la verità dell’incidente non ne fece gran caso; ma la sera non intervenne allo spettacolo di gala al teatro.

Il giorno appresso tenne udienza. Gli fu presentata dal cavaliere Cesare Monsolini, capo plotone delle guardie d’onore, la signora Marianna Plutino, moglie di Agostino Plutino, profugo politico. Ella condusse i suoi figliuoli, il maggiore dei quali, Fabrizio, era appena dodicenne. La povera signora domandò che venisse tolto il sequestro dai beni del marito; ma il Re, di mala grazia, le rispose: "La vostra famiglia è pericolosa alla Società; dovete avere quanto vi basta per vivere; andate„. I bambini scoppiarono a piangere, ma il Re non si commosse. Visitò il collegio e l’educandato femminile, e verso sera uscì in carrozza col principe ereditario, che gettava qualche tarì ai monelli. La mattina del 23, presi gli accordi col generale Filangieri, che gli era venuto incontro fin dal giorno innanzi, partì sul Tan-

  1. Capretto.