Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) I.djvu/91

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CAPITOLO V


Sommario: Il ministero napoletano nel 1855 e 1856 — Ministri e direttori con cartiera e senza cartiera — La segreteria particolare del Re dopo il ritiro del Corsi — Ferdinando Troja e un epigramma del marchese di Caccavone — Le attribuzioni del Decurionato — Le condizioni della città — Antonio Carafa Noja, sindaco di Napoli — Gli eletti e gli aggiunti — Alcuni eletti promossi sottointendenti — Carlo Cianciulli, intendente della provincia di Napoli — La polizia e i suoi agenti — Morbilli e Campagna — Aneddoti — Quel che costava la polizia nella sola capitale — L’Università e i suoi professori — Carrillo e Testa — Gli studenti — Un po’ di confronto — I collegi e gl’insegnamenti privati del 1848 — Vita e tribolazioni degli studenti — Ricordi di alcuni — Il collegio dei teologi — Don Emilio Capomazza — I revisori dei libri e dei teatri — Don Gaetano Royer — Aneddoti — La Magistratura — Nicolini, Falconi, Niutta, Jannaccone e Spaccapietra — Confessioni di un magistrato di allora.


Quando, con decreto del 16 febbraio 1862, Giustino Fortunato fu ritirato dalla carica di presidente del Consiglio dei ministri e di ministro degli affari esteri, per la pubblicazione delle lettere di Guglielmo Gladstone, gli successe nella presidenza del Consiglio don Ferdinando Troja e negli affari esteri, non un ministro, ma un direttore con portafoglio, don Luigi Carafa di Traetto. Il Troja non aveva portafoglio e il Carafa ne aveva l’“incarico provvisorio„ come si diceva allora, ciò che gli dava il diritto di prender parte al Consiglio dei ministri e ai Consigli di Stato: era ministro effettivo, ma senza il titolo e senza lo stipendio. Pietro d’Urso era ministro delle finanze; il maresciallo principe d’Ischitella, della guerra e marina; Giovanni Cassisi, degli affari di Sicilia e il brigadiere Raffaele Carrascosa era anch’egli ministro senza portafoglio. Gli altri dicasteri non avevano ministri, ma direttori con referenda e firma, i quali, secondo il sovrano