Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/24

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questi, serbando più vive e più fresche le impressioni del proprio paese, i sentivano feriti più dei loro compagni dalle nuove disposizioni, le quali negavano loro la cittadinanza e lo stemma cantonale, finché erano al servizio di potenze straniere.

Le autorità furono colte alla sprovvista. Il direttore di polizia, Casella, assicurava ingenuamente di non aver nulla preinteso della rivolta. A tutelare l’ordine e a prender le necessarie precauzioni, di fronte ad eventuali gravi conseguenze, il generale Filangieri, accompagnato dal generale Lanza, dal maresciallo Garofalo, direttore del ministero della guerra e dal colonnello Buonopane, girava per i luoghi più esposti e per i quartieri delle milizie, impartendo ordini ed istruzioni, e vegliò la notte.

La nuova della sommossa pervenne confusamente a Capodimonte, ma non s’immaginava che gl’insorti si sarebbero, come avvenne, diretti proprio là, risoluti a chiedere al Re che fosse loro mantenuta la nazionalità propria, o che il governo li licenziasse, accordando loro la paga degli altri sei mesi, ne’ quali doveva durare la capitolazione. Scarsa truppa custodiva Capodimonte. Udendo avvicinarsi forze armate a passo di carica, si credette da principio che fossero reggimenti mandati a maggior tutela della famiglia reale. Ma, conosciuta la verità, si diè l’allarme e si chiusero i cancelli del parco. Era circa la mezzanotte. Il retroammiraglio Del Re, che comandava il debole presidio, lo dispose a resistenza. Francesco mostravasi inquieto; paurosi gli altri principi; presente a se stessa soltanto la Regina, la quale, udendo appressarsi il tamburo, uscì sulla terrazza della sua camera da letto per vedere lo spettacolo. La Regina madre, cui avevano detto trattarsi di una rivolta militare, consigliò di chiamar subito gli Svizzeri a difesa, ma quando udì che questi erano gl’insorti, corse presso i figliuoli piccini, che fece svegliare e vestire, per tenerli pronti ad una fuga.

Nulla si sapeva di preciso, anzi si temeva che fossero insorti tutti e tre i reggimenti e si avviassero a Capodimonte, per far prigioniera la famiglia reale. Il Del Re, il duca di Sangro e il colonnello Schumacker uscirono incontro ai rivoltosi presso il cancello principale, per sapere che volessero. Non vi erano ufficiali, ne capi, e perciò non fu possibile parlamentare, né senza fatica si riuscì a capire qualche cosa. Erano poco meno di un migliaio, armati ed eccitati in sommo grado. Parvero calmarsi,