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Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/301

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della Carità, con un’altra di guardia nazionale e la prima cedette all’altra la destra, secondo il regolamento militare. Per questo fatto, la sera in tutta Napoli si raccontava che l’ufficiale della truppa aveva ordinato il fuoco contro la guardia nazionale, ed era dovuto all’opposizione del sergente, se al largo della Carità non fosse succeduto un massacro. Le cannonate per salve di gioia o per saluti erano sempre cause di terrori. In una mattina, verso la metà d’agosto, mentre nella chiesa della Sanità, affollata di gente, si celebrava la messa, rimbombarono alcune cannonate: il prete fuggi dall’altare, i devoti dalla chiesa, molti furono feriti e una donna abortì. Anche a Sant’Agostino degli Scalzi, il prete che celebrava la messa, cadde svenuto e la gente raccolta in chiesa si diede disordinatamente alla fuga.

A ripristinare l’ordine e la tranquillità, fra tanta insanabile e crescente turbolenza, che quella polizia, affidata all’alta e alla bassa camorra, non concorreva certo a scemare, i ministri si mostravano impotenti. Né è senza un profondo stupore, che si ripensa di quali e quante cose disparate, e fin puerili, si occupassero quei ministri nei varii Consigli di Stato. Per darne una idea, riferirò gli argomenti discussi in tre Consigli alla fine di luglio. In quello del 18 si deliberò d’imbarcare sopra un legno a vela e inviare alle isole Tremiti, per mettere in salvo le loro vite minacciate, le guardie di polizia, siciliane e napoletane, espulse dal servizio e accantonate, per misura di sicurezza, ai Granili. Fu discusso e deciso che il procuratore generale, don Nicoola Rocco conservasse l’ufficio di revisore della Civiltà Cattolica; e poichè gli impiegati, licenziati nel 1849, chiedevano con alte grida di esser riammessi in servizio, e a quei gradi, che avrebbero raggiunti qualora avessero servito nei dodici anni, i ministri, attese le difficili condizioni della finanza, deliberarono di restituirli semplicemente ai posti, che lasciarono al tempo della loro destituzione. Provocarono così proteste, ire ed accuse iperboliche di traditori e di reazionarii, soprattutto da parte di quelli, cho erano stati in esilio o in prigione.


Nel Consiglio del 21 luglio era stato dato incarico al ministro dell’interno di scrivere agl’intendenti, perchè mandassero rapporti sulla condotta dei vescovi e del clero, specialmente in ordine alle novelle istituzioni, e si son veduti i resultati di