deciso di resistere a Garibaldi e di attaccarlo, ove ne fosse il caso, tra Eboli e Salerno o tra Salerno e Napoli. Fra le truppe di Calabria, i battaglioni stranieri distaccati fra Napoli e Salerno, e la guarnigione di Napoli, si poteva disporre di 50 000 uomini, con abbondanti provvigioni da guerra e da bocca, alle quali si sarebbe potuto anche più largamente provvedere con una parte dei sei milioni di ducati, del prestito fatto con Rothschild. “Io non dissimulo, disse Spinelli in quel Consiglio, che sventuratamente il nostro esercito è demoralizzato e sconfidato; ma quando il Re si porrà alla testa, esso riprenderà il coraggio e la disciplina, e si rifarà delle patite sconfitte. E se pur sarà destino il soccombere, cadremo con onore, e ci salveremo dall’onta di fuggire d’innanzi ad un pugno di uomini, i quali altra forza non hanno, che il prestigio dell’ardito loro capo„. E soggiunse: “Che se V. M. pensasse invece lasciar la capitale, e provvedere altrimenti alla difesa dello Stato, lo faccia pure; ma prenda immediatamente le opportune disposizioni ed operi con la massima energia, perchè ogni istante, che si perde, può compromettere le sorti del Regno„. Il ministro della guerra, che vedeva sfumato il suo piano di difesa in Calabria, ne fece un altro per la difesa presso Salerno, ma proponeva che il Re marciasse a capo delle truppe, al fine di rialzare il morale dei soldati, dopo l’effetto disastroso, che i fatti di Calabria avevano prodotto sulle milizie. Il vecchio Carrascosa, chiamato a consiglio, disse al Re: “Vostra Maestà monti a cavallo, e noi saremo tutti con Vostra Maestà; o cadremo da valorosi, o butteremo Garibaldi in mare„. Anche Ischitella era di questo avviso, ma voleva per sè il comando supremo dell’esercito, e parve molto irritato di non ottenerlo, dopo che il Re gli fece discutere il piano di battaglia col ministro Pianell, e ne lesse la relazione, firmata solo da lui, Ischitella, poichè Pianell, non approvando la nomina di costui, non volle sottoscriverla. Si detestavano a vicenda i due uomini, e l’Ischitella non risparmia il Pianell nel suo opuscolo, il quale rivela ancora una volta nello scrittore un uomo vanitoso e romoroso, che aveva servito Murat e Ferdinando II fino alla morte, e che, generale della guardia nazionale con don Liborio Romano, lasciò questo ufficio ; aspettando il comando supremo dell’esercito per combattere Garibaldi. Quanto pronto di favella, tanto egli era inetto al-