Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/395

Da Wikisource.

— 387 —

glione della guardia nazionale e dall’ispettore di polizia Cozzolongo. Garibaldi li ricevette, circondato da Cosenz, Bertani, Missori e Nullo. Prese il primo la parola De Sauget, e disse che Napoli attendeva l’arrivo del dittatore, ma che a lui sembrava più opportuno che l’arrivo fosse rimesso al giorno dopo, per aver tempo di tornare a Napoli e occupare con la guardia nazionale i posti militari della città. Ed avendogli Garibaldi ansiosamente chiesto: “Ma Napoli non mi attende per oggi?„ De Sauget rispose, che i napoletani ignoravano ancora la presenza di lui a Salerno; nè fu che dopo quest’assicurazione, che Garibaldi consenti di malavoglia a ritardare di un giorno il suo ingresso a Napoli. E chiedendogli il De Sauget istruzioni per il servizio di piazza, rispose il dittatore, quasi infastidito: “Intorno a tatto ciò se la senta col generale Cosenz .... col generale Cosenz (riscaldandosi) ch'è uno dei migliori generali d’Italia, quantunque si ostini a portare ancora i distintivi di colonnello„. Infatti Cosenz portava una giubba di fanteria e un berretto da colonnello. De Sauget replicò: “Non dica a me, generale, chi è Enrico Cosenz; io lo conobbi fin da quando era in collegio, e so quanto vale„ . E Garibaldi: “Se lei lo ha conosciuto in collegio, io r ho conosciuto sul campo di battaglia„. Dopo questo dialogo, Civita narrò i dissapori scoppiati la sera innanzi fra i due Comitati, i maneggi di Villamarina per far occupare la città dai bersaglieri piemontesi, la condizione anormale del ministero, di cui solo una piccola parte era rimasta in piedi, l’assenza di ogni governo e infine gli accordi, nei quali erano venuti i due Comitati, di costituirsi in governo provvisorio sino all’arrivo del dittatore: governo provvisorio formato da quegli stessi, ai quali Garibaldi, con suo dispaccio da Auletta, si era indirizzato, invocando la concordia tra i liberali e invitandoli a formare un Comitato unico.

Informato Garibaldi di tutto questo, si levò impetuosamente e disse: Napoli dunque corre dei pericoli: bisogna andarci oggi, anzi sul momento. E a nulla valsero le preghiere del De Sauget e le insistenze del Bertani e del Nullo, i quali sapevano essere Nocera ancora occupata dalle truppe bavaresi, e i castelli di Napoli dai soldati borbonici. Il giovane Eugenio Assanti, tenente della guardia nazionale di Napoli, giunto anche lui da Napoli, sosteneva che si dovesse partir subito rimproverando