Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/72

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che tempo a Firenze. I giovani del pensionato di Roma riuscivano quasi tutti professori nell’istituto di belle arti, diretto da Pietro Valente, assistito da due ispettori ecolesiastioi, don Gennaro Sommella e don Michele Valvo. V’insegnavano il Mancinelli, l’Aloysio Juvara, Cammillo Guerra, Luigi Arnaud, Raffaele Postiglione e Gennaro Ruo. I primi artisti, che alla fine del 1848 vinsero i concorsi per studiare a Roma, ma viceversa studiarono a Napoli e a Firenze, furono Saverio Altamura e Domenico Morelli per la pittura; Antonio Sorbilli ed Alfonso Balzico, per la scultura; Giustino Fiocca e Giuseppe Sorgente, per l’architettura. Niccola Palizzi, fratello di Giuseppe e di Filippo, ottenne nello stesso anno la nuova pensione, istituita per lo studio del paesaggio. Egli morì nel fiore della vita, paesista vigoroso, più per intuito che per studio, restando però inferiore ai suoi fratelli Giuseppe e Filippo, che l’uno in Francia, l’altro in Italia, pervennero ad alta fama. Un quarto fratello, Francesco Paolo, andato anche lui a Parigi, ove dipingeva con successo la Natura morta, morì giovanissimo. I fratelli Palizzi erano di Vasto, e Filippo, meritamente considerato un maestro caposcuola della nuova maniera della pittura, ispirata dal vero, fu un maraviglioso interprete della natura vivente, soprattutto per gli animali e specie per gli asini, i quali grazia a lui, furono accolti nei più eleganti salotti di Europa e di America. Egli apparteneva alla scuola detta di Posillipo, la quale lavorava all’aria aperta, al cospetto della grande natura, mentre nell’Accademia si studiava il pezzo, a luce voluta. Ebbe lo studio al vico Freddo, ora strada Poerio; poi al vico Cupa alla Riviera, prima che passasse in uno dei due studii, che Giovanni Wonviller, mecenate dell’arte napoletana di quel tempo, fece per lui e pel Morelli costruire a bella posta nel suo palazzo, in via Pace. Lo studio, che Filippo Palizzi aveva al vico Cupa, rimpetto all’antico gazometro, era modestissimo, ma fu là che egli visse gli anni più belli della sua vita artistica. In quel tempo i forestieri convenivano numerosi a Napoli e vi si fermavano per lungo tempo: tutti visitavano quel piccolo tempio dell’arte, in quella sudicia via. Il Palizzi vi dimorava quasi solitario, chiuso nella durezza e nella taciturnità del suo carattere; vi si raccoglieva dopo le sue campagne artistiche, che d’ordinario faceva a Cava dei Tirreni; e là, riuniti i suoi bozzetti,