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Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/76

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recenti; di ordinamento geografico in codeste iscrizioni neppure l’inizio. E dire che il Mommsen avea pubblicato il Corpus delle iscrizioni antiche del Napoletano, disposte geograficamente, sin dal 1852! Più strana vicenda ebbe nel Museo una certa raccolta che chiamarono, ed in parte era, pornografica, che fu ordinata nel 1819, da Francesco I, allora duca di Calabria, nel fine di chiudere in una stanza gli oggetti osceni o tenuti per tali, e renderli più o meno visibili, con uno speciale permesso del Re, sino al 1849. Ma nel 1852, trasportati tutti quegli oggetti in un antro, ne fu murata la porta, “perchè si distruggesse qualunque esterno indizio della funesta esistenza di quel gabinetto, e se ne disperdesse per quanto era possibile la memoria„. Quattro anni appresso, si tolsero poi dalla pinacoteca e si chiusero in luogo umido ed oscuro trentadue quadri e ventidue statue di marmo, perchè, si disse, corrompitrici della morale! Vi erano tra’ primi la Danae del Tiziano, la Venere che piange Adone di Paolo Veronese, il Cartone di Michelangelo con Venere ed Amore, le Virtù di Annibale Caracci e, tra le seconde, la Nereide sul pistrice, che sarebbe stata distrutta, “se lo scultore Antonio Calì si fosse ricusato più volte ad occultare, con restauri di marmo, le nudità della figura„. L’istessa raccolta delle statue di bronzo, tesoro speciale del Museo di Napoli, era divisa tra grandi e piccole, ne’ corridoi o tra gli utensili di bronzi: il palmo o la mezza canna era stato l’unico criterio scientifico che avea presieduto al loro ordinamento; non si era neppur pensato al canone fondamentale per la storia dell’arte, che la materiale vicinanza di ogni opera di scultura servisse allo studio dello sviluppo storico della plastica! Dei papiri della biblioteca Ercolanese rimanevano non svolti e non disegnati, epperò inediti, quasi 1270 dei 1763, che costituiscono i preziosi avanzi della biblioteca greca e latina rinvenuta in Ercolano nel 1752.


Non ebbero miglior sorte gli scavi di Pompei. Per un vizio di origine, che rimontava ai primi scavi tentati nel secolo passato, questi erano stati diretti meno a restituire alla luce l’antica, bellicosa ed opulenta città dei Sanniti, e a palesare alla scienza la vita tutta loro e dei Romani, che a rinvenire una maggior copia di oggetti antichi. Tale era stato lo scopo dello prime ricerche a’ tempi di Carlo III, tale si mantenne negli ul-