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130 la guerra [1282]

alle mura facea gridare il nome di Carlo, e a’ nostri minacce e villanie. Ma rispondean essi nella mansuetudine dei forti: «Nè le ingiurie renderebbero, nè i colpi: fratelli i Messinesi e i Palermitani; sol nemici i tiranni: quelle armi contro i tiranni volgessero.» E inalberavan su i muri a canto all’aquila palermitana, lo stendal della croce di Messina1.

E la città di Messina, o que’ ne teneano il municipal governo, a dimostrazione di lealtà, il dì quindici aprile mandavano cinquecento lor balestrieri capitanati da un cavalier Chiriolo messinese, a munir Taormina, che non l’occupassero i sollevati2. Il popolo al contrario, sentendosi bollire il sicilian sangue nelle vene, com’incalzavan gli avvisi del tumulto di Palermo, e degli altri, e dello eromper de’ sollevati per l’isola, delle stragi, delle fughe, de’ mille casi accresciuti o composti dalla fama; e come i Francesi vedea pavidi e ignudi riparar anelando in Messina, cominciò a digrignar contro i soldati d’Erberto3, ch’erano un grosso di secento cavalli tra francesi e calabresi, condotti da Pier di Catanzaro; e pareano al vicario sì duro freno che il popolo non sel trarrebbe giammai4. Onde il popolo che ciò sapea, una volta proruppe in ferocissime parole, che per poco si rimase da’ fatti: e quei vedendosi mal sicuri in città, parte si ritraeano nel castel di Matagrifone, parte nel real palagio presso Erberto, il quale in mal punto volle far mostra di gagliardo; con che

    • Bart. de Neocastro, cap. 15.
    • Anon. chron. sic. pag. 147.
    • Fazzello, deca 2, lib. 1, cap. 2, racconta una battaglia tra queste navi messinesi e le palermitane, capitanate da Orlando de Milio esule di Palermo. Seguendo il mio proposito di non prestar fede che ai contemporanei, ho taciuto questo fatto, niente certo e brutissimo.
  1. Bart. de Neocastro, cap. 24.
  2. Bart. de Neocastro, ibid.
  3. Saba Malaspina, cont. pag., 358.