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226 la guerra [1283]

proprio destrier da battaglia, la spada, l’elmo, e lo scudo1.

Con questi ordinamenti Pietro a tempo racchetò la nazione, e potè senza pericolo, pria ch’ei lasciasse l’isola, assicurarsi con pronti fatti de’ pochi tuttavia discredenti e

  1. * Bart. de Neocastro,cap. 62, 63.
    • Nic. Speciale, lib. 1, cap. 25.
    • Montaner, cap. 75, 76, 99, 100.
    • D’Esclot, cap. 104, il quale dice che Pietro pria di partire nominò i suoi ministri e vicari per tutta l’isola, che ubbidissero alla reina e a Giacomo; e che raccomandò la moglie e i figli a’ Siciliani, e in particolare a’ Messinesi. Perchè questi ordinamenti di Pietro non son riferiti da tutti gli storici nella stessa guisa, io mi son tenuto al Neocastro, che forse si trovò presente e tra gli affari pubblici, e narra la cosa in quel modo ch’era necessario tenersi da re Pietro. Altri particolari ho cavato da Speciale e Montaner, l’ultimo de’ quali porta le circostanze essenziali, sbagliando nel tempo e nel modo. Questi due scrittori dicon poi lasciato il regno di Sicilia a Giacomo per testamento del padre. Ma come nel testamento che noi abbiamo, e che d’Esclot anche riferisce con estrema diligenza, non si fa menzione del regno di Sicilia, così è mestieri che Pietro avesse fatto riconoscere Giacomo dal parlamento, nel modo che appunto riferisce il Neocastro, e accenna lo stesso Montaner.
    Certo egli è che infino alla morte di Pietro l’autorità regia in Sicilia fu esercitata dalla regina Costanza, aiutandosi costei dell’opera di Giacomo, riconosciuto successore al trono. In fatti nel capitolo 2 delle leggi di Federigo II di Sicilia, è fatta menzione di concessioni della regina Costanza; e vari diplomi ci restan di lei, l’un de’ quali dato di Palermo a 25 febbraio duodecima Ind. 1283 (1284 secondo il computo comune), si legge a pag. 87 nel Tabulario della cappella del reale palagio di Palermo, Palermo 1835. Il titolo è: «Constantia D. G. Aragonum et Siciliæ Regina.» Questa forma di governo finalmente si prova con un atto politico del tempo. Nel trattato fermato in giugno 1286, tra Pietro di Aragona e il re di Tunis, che è pubblicato dal Capmany, Memorias historicas del comercio de Barcelona, tom. IV, docum. 6, allo art. 40, si legge: «La qual pace noi Pietro per la grazia di Dio re d’Aragona e di Sicilia sopraddetto, accordiamo pel regno di Sicilia, per noi e per la nobile regina nostra moglie e per l’infante Giacomo nostro figlio, che dev'essere erede dopo di noi nel detto regno, dai quali la faremo fermare e accordare; e pe’ regni nostri d’Aragona, di Valenza e di Catalogna, per noi e per l’infante don Alonzo nostro primogenito, erede dopo di noi ne’ detti regni, ec.»